“Legittima vendetta” è un potente affresco della provincia americana più profonda

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Redazione BookToBook
04 Apr 2023

«Nei cari vecchi Stati Uniti d’America già era dura essere un nero davanti a uno sbirro. Qualsiasi interazione con un tutore della legge ti dava la sensazione di trovarti sull’orlo di un precipizio. Se per di più eri un ex galeotto, quell’orlo ti pareva cosparso d’olio.»

Tenete a mente queste parole. Sono di Ike Randolph, nero, ex galeotto, protagonista del nuovo romanzo di S.A. Cosby, Legittima vendetta, vincitore di svariati premi – l’Anthony Award, il Barry Award e il Macavity Award (e il Los Angeles Times Book Prize con il precedente Deserto d’asfalto 2021).

Prima di ottenere successo come scrittore di crime americano, Cosby, originario della Virginia (tenete a mente anche questo), ha fatto diversi lavori tra cui il buttafuori, l’operaio, il giardiniere, il montatore di palchi e l’addetto alle pompe funebri. Quando è uscito negli States, Legittima vendetta è stato inserito a pieno titolo tra i 100 migliori libri del 2021 dal “Guardian” e dal “Time”, è finito ai primi posti della bestseller list del “New York Times” ed è stato giudicato miglior thriller del 2021 dal “Washington Post”, mentre la Paramount di Jerry Bruckheimer, tra i più grandi produttori esecutivi hollywoodiani, acquisiva i diritti cinematografici.

Legittima vendetta

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Legittima vendetta racconta l’altra faccia del “sogno americano”: tra omofobia, ingiustizie sociali e Black lives matter

Lo scrittore Michael Connelly ha definito Legittima vendetta semplicemente «sensazionale. Dritto al cuore dei temi più attuali e importanti dei nostri tempi», e un altro gigante del genere, Joe R. Lansdale, ha messo in guardia tutti quanti: «Cosby parla di vita vera». Ha ragione, tenete a mente quelle parole – «Nei cari vecchi Stati Uniti d’America già era dura essere un nero davanti a uno sbirro» – e andate a vedere, prima o dopo aver letto Legittima vendetta, ambientato in Virginia, il video, risalente al 6 marzo scorso, pubblicato nei giorni scorsi dal “Washington Post”, che ci porta dritti dritti nel Sud descritto da Cosby, e più precisamente a Henrico, contea dello Stato della Virginia. Qui però l’ambientazione è più reale che mai: si vedono una decina di uomini in divisa, tra agenti di polizia e personale del Central State Hospital, alle prese con un uomo disteso a terra, mani e piedi ammanettati, in una stanza dell’ospedale. Undici minuti filmati dalla videocamera di sorveglianza che registra, senza audio, gli ultimi undici minuti di vita di Irvo Otieno, 28 anni, nero, affetto da problemi mentali, bloccato dagli uomini dello sceriffo in circostanze ancora tutte da chiarire. Quel che è certo, come testimonia il video pubblicato dal “Washington Post” e ripreso poi dalle altre principali testate giornalistiche internazionali, è che l’uomo è morto tra le mani della polizia in quella stanza d’ospedale, dopo un inutile tentativo di rianimazione da parte dei medici.

«La famiglia di Otieno ha dichiarato che la sua morte assomiglia all’uccisione di George Floyd da parte degli agenti di Minneapolis nel 2020, che scatenò manifestazioni in tutto il Paese», scrive il “Washington Post”. «La vicenda segue anche quella di Tyre Nichols, un nero di 29 anni morto dopo essere stato fermato e picchiato dalla polizia a un posto di blocco a Memphis all’inizio di quest’anno. Anche questo incidente era stato ripreso dalle telecamere».

La scrittura di Angie Thomas come forma di attivismo

Come riporta ancora il “Washington Post”, l’avvocato per i diritti civili che guida la National Association for the Advancement of Colored People, Derrick Johnson, avrebbe detto: «Voglio essere chiaro: la malattia mentale non è un crimine. Essere un uomo di colore in America non è un crimine».

Eppure così ci appare, nella cronaca vera degli episodi di razzismo che si susseguono negli Usa e nella finzione letteraria di Legittima vendetta, un affresco duro e crudo della provincia americana più profonda, dove la violenza e il razzismo vanno di pari passo con l’omofobia, altro grande tema d’attualità che attraversa il romanzo, come notava Connelly. Qualcuno potrebbe scorgervi, tra le pagine, la faccia brutale degli Stati Uniti di Trump, e sarebbe difficile dargli torto.

Concrete Rose

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Jill Lepore, docente di Storia americana all’università di Harvard, collaboratrice del “New Yorker” e autrice di numerosi saggi tradotti in tutti il mondo, in Queste verità. Una storia degli Stati Uniti d’America, pubblicato in Italia da Rizzoli, scrive: «Appena Trump si è insediato, gli statunitensi hanno iniziato a scontrarsi su temi quali immigrazione, armi, identità sessuale e religione; hanno discusso di statue e monumenti, di targhe e nomi. I fantasmi della storia americana hanno fatto sferragliare le loro catene».

Verità e menzogne d’America: la grande storia di Jill Lepore

Legittima vendetta è un potente affresco della provincia americana più profonda

S.A. Cosby ci sa fare con la pagina scritta e con Legittima vendetta apre un nuovo capitolo del crime americano raccontandoci una storia di ingiustizie, di pregiudizi, di disparità sociali vissuti sulla pelle e sulle cicatrici dei protagonisti, personaggi dall’esistenza ai margini e all’apparenza poco raccomandabili che, messi di fronte all’ennesima e definitiva prova del dolore, come moderni anti eroi tentati dalla sete di vendetta, magnifico topos letterario che attraversa i secoli e i generi, a loro volta ci metteranno di fronte all’eterno dilemma del confine tra il bene il male.

Queste verità

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La storia comincia nel peggiore dei modi: sull’uscio di casa, Ike Randolph, uscito dal penitenziario di Stato di Coldwater parecchi anni addietro, saldato il conto con la giustizia a forza di volontà e di lavori sudati onestamente, ora si ritrova faccia a faccia con due poliziotti: suo figlio Isiah è stato ucciso a sangue freddo insieme al marito Derek, lasciando orfana una bimba piccola. La vergogna per non aver mai accettato l’omosessualità del figlio assale Ike, così come assalirà poco dopo Buddy Lee Jenkins, il padre di Derek, anche lui ex galeotto, che vive in una roulotte e che ha qualche problema con l’alcol.

«Ascolta, è un bel po’ che non mi azzardo più a dirti cosa fare. Ma quella bambina avrà già una vita abbastanza complicata. È mezza nera. Sua mamma è una che avete pagato perché la portasse in grembo e ha due padri gay. E adesso? Le fate fare la damigella al matrimonio? Affittate il Jefferson Hotel, organizzate un grande evento? E fra un paio d’anni, quando la accompagnerete all’asilo e gli altri bambini le chiederanno chi è la mamma, dei due? Vi siete mai fermati un attimo a pensarci, tu e Derek?» aveva detto Ike tre mesi prima al figlio Isiah, che gli aveva annunciato la loro volontà di convolare a nozze.

«È questa la prima cosa che ti viene in mente quando ti dico che sto per sposare l’uomo della mia vita? Non congratulazioni. Neanche un “sono contento per te” detto così per dire. Ma cosa potrà pensare la gente. Cosa potrà dire la gente».

Tre mesi più tardi, «suo figlio e il marito erano morti. Crivellati di colpi davanti a una vineria chic nel centro storico di Richmond. Una volta che li avevano stesi, gli assassini si erano assicurati di piantargli nel cranio due pallottole».

In Legittima vendetta protagonisti sono due padri alla ricerca della verità

A differenza di Ike, Buddy Lee, il padre di Derek, è bianco e ha qualche problema non soltanto con l’alcol ma anche con i neri. Ike e Buddy Lee si incontreranno per la prima volta al funerale dei figli. Entrambi capiranno che l’unica via per redimersi, per sperare in un perdono dall’al di là da parte dei figli, sarà fare quel che la polizia non sembra interessata a fare: scovare i killer. Da lì in poi sarà un crescendo inarrestabile di eventi che terranno i lettori incollati alla pagina a colpi di suspense, di mazze chiodate e di sangue, molto sangue, che cospargerà le strade su cui si lancerà la sete di vendetta di due padri avvezzi alla violenza che non hanno più niente da perdere, se non la giustizia fatta per i propri figli.

«Era quello il problema, con la violenza. Quando andavi a cercarla, la trovavi senz’altro. Era il tempismo a prenderti in contropiede. Ti coglieva alla sprovvista e ti schizzava di sangue gli stivali nuovi prima che fossi pronto per davvero. Il fatto è che, se cerchi la violenza abbastanza a lungo, capisci che non sei mai pronto per davvero. Le cose capitano, e puoi soltanto reagire o non reagire. E alla fine ti ci abitui.»

Invitato dal “Guardian”, a inizio 2021, a commentare il primo anno di presidenza di Joe Biden, S.A. Cosby ha scritto:

«I partiti repubblicano e democratico non si distinguono più soltanto ideologicamente. Uno è spaccato al proprio interno tra una filosofia di centro pragmatica e una convintamente progressista. L’altro partito finge che i propri seguaci non abbiano tentato un colpo di stato il 6 gennaio 2021. Annoverano tra gli elettori suprematisti bianchi e fascisti che vivono in un universo alternativo, in cui le elezioni sono legittime solo se le vincono loro e la scienza è qualsiasi cosa ti possa causare anche il più piccolo degli inconvenienti».

A Charlottesville, in Virginia, continua Jill Lepore nel suo saggio Queste verità, «si era deciso di rimuovere una statua di Robert E. Lee: alcuni suprematisti bianchi hanno marciato armati per la città e uno di loro ha lanciato la propria auto sul corteo della controprotesta, uccidendo una manifestante. Come se la Guerra civile non fosse mai finita».

In un’intervista rilasciata sempre al “Guardian”, S.A. Cosby racconta: «Ho frequentato una scuola, la Lee-Jackson Elementary, che porta il nome di Robert E. Lee e Stonewall Jackson, due soldati della Confederazione. Se le cose fossero andate come avrebbero voluto loro, io ora starei in un campo a raccogliere cotone! Il che alimenta un’incredibile angoscia mentale ma anche una grande forza d’animo, perché su ogni pezzo di terra che un apologeta della Confederazione calpesta oggi, qualcuno che mi assomiglia ha sanguinato, ha lavorato, ha pianto, ha sudato ed è morto. Che io sia dannato se rinuncio o cedo loro un centimetro, un metro, un ettaro, un millimetro. Leggendo i miei libri, le persone possono confrontarsi con la forza di carattere e la profondità dei miei personaggi afroamericani. È il mio modo di omaggiare le persone che ho conosciuto e quelle che sono venute prima di me e che hanno subito tutte queste umiliazioni e tutti questi trattamenti oltraggiosi e indegni».

Cosby spiega anche che cosa significa per lui la southern fiction:

«Dico che la santissima trinità della narrativa del Sud è la razza, la classe e il sesso. Questi sono i fondamenti dei grandi romanzi del Sud, che si tratti di Luce d’agosto di William Faulkner o di La saggezza nel sangue di Flannery O’Connor. Per quanto mi riguarda, la migliore narrativa del Sud prende l’ipocrisia del Sud, una regione che cerca di immergersi nella religione e nella rigidità morale, e la fonde con la realtà di una moltitudine di background e contesti sociali, sessuali e di classe».

S. A. Cosby ha detto di Legittima vendetta: “Il mio è un romanzo di denuncia sociale”

In uno dei tanti folgoranti dialoghi che Cosby mette in scena tra i vari personaggi del romanzo, intessuto, come avrete capito, di riflessi e riflessioni sull’altra faccia dell’America, Tex, il barista del locale gay frequentato da Isiah e Derek dove andranno i padri alla ricerca di informazioni utili alla loro indagine parallela, c’è tutto il senso e lo spessore di un romanzo che travalica i confini della narrativa per farsi denuncia di una società guasta e malata, che sta sotto gli occhi di tutti ma che è immune a se stessa.

«Sai cosa? C’è un mio amico che ogni tanto passa qui al bar. È un avvocato. Avrà più o meno la tua età. È gay, nero, ed è un figo della Madonna. Sai cosa mi ha detto una volta? Mi ha detto che certi neri odiano i gay più di quanto odiano i razzisti. Mi ha detto che crescere nero e gay in una cittadina di provincia era come essere bloccato fra un leone e un alligatore. I bifolchi bianchi da una parte e i neri omofobi dell’altra. Mi ha detto che l’unico modo per non farsi rompere i coglioni se ti tocca crescere nero e gay è fare il parrucchiere o dirigere un coro in una chiesa. Lui non sapeva fare né l’uno né l’altro, e così se n’è andato. Onestamente non gli credevo. Non riuscivo a credere che la situazione fosse tanto pesante. Però ogni giorno c’è un tipo come te che gli dà ragione» disse Tex.

«Ah, quindi secondo te è più facile essere nero che essere gay? Sta’ un po’ a sentire, se tu vai da qualche parte, puoi tranquillamente farti il tuo senza che tutti sappiano che sei gay, a meno che non glielo dici. Io sono nero dappertutto. Non posso nasconderlo» dice Ike a Tex, che gli risponde così (tenete a mente anche queste parole):

«È vero, non puoi nascondere che sei nero. Ma il fatto che pensi che io debba nascondere chi sono dimostra esattamente che ho ragione io. Come ha detto il Dottor King: un’ingiustizia commessa in un luogo qualsiasi del mondo è una minaccia alla giustizia in tutto il mondo».

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