Daunis Fontaine, la Nancy Drew nativa-americana

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Redazione BookToBook
19 Mag 2021

Negli ultimi anni sembra esserci una vasta scelta nell’universo dei libri young adult: gli autori e le autrici hanno cominciato ad avvicinarsi sempre di più alla letteratura di genere che contrassegna l’ampia proposta dei romanzi per adulti.

Non solo romance, sick literature, sci-fi, horror, fantasy e saghe familiari, ma anche gialli, thriller e noir che appassionano diverse fasce d’età. Spesso questi romanzi arrivano dall’estero, dagli Stati Uniti, dove il genere young adult ha connotazioni più forti e delineate, oltre che una risonanza maggiore sia per quanto riguarda il numero di vendite e il successo, sia per l’acquisizione dei diritti per produrre film e serie TV.

Basta dare un’occhiata alle classifiche del «New York Times Bestseller» relative al mondo teen per comprendere chi domina le classifiche da diverse settimane: Angie Thomas, con il suo Concrete Rose (prequel di The Hate ’U Give), Holly Jackson con Come uccidono le brave ragazze, e a poche settimane dall’uscita Angeline Boulley con Un grammo di rabbia.

Un grammo di rabbia

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Sospetti, omicidi, indagini e molto sangue freddo nei libri young adult

Hai mai letto dei romanzi che ti hanno fatto venire le palpitazioni per quello che sta succedendo? Dei thriller davvero ben scritti e con protagoniste determinate e pronte a tutto pur di scoprire la verità? È il caso di Sadie di Courtney Summers o di Pip in Come uccidono le brave ragazze di Holly Jackson.

Sadie ha diciannove anni ed è scappata di casa dopo aver perso sua sorella Mattie, uccisa a soli tredici anni. L’assassino non è mai stato trovato e Sadie parte alla volta di Cold Creek, Colorado, per indagare da sola. La protagonista non ha idea che la sua storia diventerà il soggetto di un podcast di successo seguito da una costa all’altra degli Stati Uniti! Tutto ciò che vuole è vendetta: armata di un coltello a serramanico e del suo lacerante dolore, Sadie colleziona una serie di confusi indizi che seguono le tracce dell’uomo che è convinta abbia ucciso la sorella.

Mentre West McCray, popolare conduttore telefonico, ricostruisce il viaggio di Sadie, ritrovandosi sempre più coinvolto dalla storia della ragazza e ossessionato dal pensiero di ritrovarla, un mistero inquietante comincia a prendere forma e a svelarsi… Una storia struggente in cui la voce di Sadie che narra le vicende in prima persona si alterna alle voci del podcast “Le ragazze” e alle interviste.

Sadie

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A proposito di podcast… Holly Jackson, autrice della serie Come uccidono le brave ragazze, ha dichiarato di essere stata ispirata proprio dalla sua ossessione per i podcast sui delitti (soprattutto Serial):

«Volevo scrivere un thriller per giovani adulti ma pensavo a un modo per unire le sensazioni di un podcast, al fare passi in avanti, a essere un detective alle prime armi, a quali strumenti potevano esserci a disposizione: trascrizioni di interrogatori, social media, e pensavo a come combinare il tutto con una specie di giallo alla Cluedo».

 

 

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Per rimanere sempre sul genere libri young adult thriller un altro che si è da poco affacciatonegli scaffali è Un grammo di rabbia di Angeline Boulley, uscito a marzo del 2021 negli Stati Uniti, e già acclamato come successo editoriale. Da sei settimane Un grammo di rabbia è presente nella classifica del New York Times Bestseller e la storia di Daunis Fontaine diventerà anche una serie Netflix: i diritti cinematografici, infatti, sono stati acquistati dalla casa di produzione di Michelle e Barack Obama, Higher Ground.

Il romanzo di Boulley è stato anche scelto dall’attrice americana Reese Witherspoone (nota al grande pubblico per Big Little Lies, Little Fires Everywhere e altro) per il suo gruppo di lettura dedicato alla narrativa per ragazzi, con apprezzamenti anche da parte di Jennifer Aniston, Jennifer Garner e Courtney Cox!

 

 

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Libri young adult: di cosa parla Un grammo di rabbia?

Daunis Fontaine ha diciotto anni e non si è mai sentita davvero a suo agio nella cittadina del Michigan al confine con il Canada dove vive da sempre, e neppure nella vicina riserva indiana Ojibwe, dove affondano metà delle sue radici da parte del padre, morto in un incidente quand’era piccola.

Daunis vive da sempre in mezzo a due culture diverse: da una parte c’è la madre, figlia di due italo-francesi, molto attenti al decoro e ai costumi occidentali; dall’altra la famiglia nativo-americana del padre, composta da membri di sangue e non, una comunità molto attaccata alle proprie tradizioni e alle loro usanze. Fin dall’infanzia Daunis si trova in un limbo e deve interfacciarsi con un problema identitario: si sente sospesa, come se non fosse abbastanza in una comunità e non abbastanza nell’altra. Senza contare che la famiglia materna ha sempre visto la sua identità Ojbwe come un ostacolo, un danno.

Daunis è una ragazza intelligente, attenta, solare, una ragazza che – pur di far felici le persone che ha intorno – tiene tutto dentro. È iperprotettiva nei confronti di sua madre, di sua nonna materna, di Levy (il fratellastro più piccolo di due mesi), di sua zia Teddy, della comunità degli Anziani Ojbwe, ma soprattutto nei confronti di Lily, la sua migliore amica. Soprattutto perché Lily ha una relazione tossica con Travis, un ragazzo che negli ultimi tempi fa uso di droghe pesanti e spaccia.

Attanagliata da tutte queste preoccupazioni, Daunis decide di frequentare l’università lontano da casa: per dare a se stessa la possibilità di un nuovo inizio, di ricominciare da capo in un posto che non sia il Michigan.

 

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Purtroppo la morte improvvisa dello zio e l’ictus della nonna materna fanno tentennare le sue decisioni prese in merito ed è così che rinuncia, per il momento, a spiccare il volo, scegliendo di rimanere vicino alla madre.

Un raggio di sole, in quest’angusta situazione, sembra essere Jamie, un ragazzo affascinante che è appena arrivato in città e che giocherà nella squadra di hockey capitanata dal fratellastro di Daunis, Levy. È proprio quest’ultimo a domandare a Daunis di diventare l’ambasciatrice Supe di Jamie, per far sì che Jamie non venga accerchiato e rincorso dalle ragazze della scuola e che possa dare il meglio di sé in campo. Daunis è titubante, ma per amore del fratello e per la curiosità che nutre nei confronti del nuovo arrivato, accetta.

Tra le corse al mattino con Jamie, le visite all’ospedale in cui la nonna è in cura, le serate passate con la zia e le gemelle e le uscite con Lily tutto – dopo settimane di alti e bassi – sembra essere tornato alla normalità. Daunis è felice di passare del tempo con Jamie, soprattutto perché il suo sesto senso le dice che dietro l’inquietante cicatrice che segna il suo volto, si nasconde qualcosa.

«Mantieni il segreto. Vivi l’inganno. Guarda la tua verità.»

Tutto precipita in un giorno di festa quando Daunis assiste all’omicidio della sua migliore amica. Sarà in quel momento che Daunis dovrà interfacciarsi con la realtà e scoprirà che dietro l’arrivo di Jamie si nasconde un’indagine dell’FBI su una nuova droga letale che si sta diffondendo tra i giovani della comunità Ojbwe. A Daunis verrà richiesto di collaborare sotto copertura e la ragazza, scossa dalla morte di Lily e dal traffico silente di droga, è costretta ad accettare, soprattutto per fare chiarezza e proteggere la comunità da cui proviene. Per fortuna – oltre ad avere Jamie al suo fianco – Daunis sfodera un coraggio invidiabile e conoscenze non solo della cultura Ojbwe ma anche scientifiche e botaniche che saranno d’aiuto per trovare (e seguire) la pista giusta.

Un grammo di rabbia

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Pagina dopo pagina la ricerca della verità diventa più complicata di quanto Daunis avesse immaginato e tutto ciò la costringerà a fronteggiare vecchi dolori e segreti devastanti. Soprattutto perché la nostra nativa-americana Nancy Drew si ritroverà sempre più coinvolta in un’indagine il cui obiettivo non sembra essere quello di proteggere le vittime ma esclusivamente di punire i criminali. Sotterfugi e morti sembrano susseguirsi in modo inarrestabile e Daunis, per restare salda, dovrà comprendere non solo quali sono le sue priorità, ma anche che cosa significa essere una donna Ojibwe e quanto sia disposta a sacrificare per la propria comunità, a costo di mandare in frantumi il mondo che conosce e che ama.

 

Libri young adult: qualche curiosità su Angeline Boulley

Angeline Boulley è un membro della Tribù degli indiani Chippewa di Sault Ste. Marie e scrive storie sulla sua comunità Ojibwe, nel Michigan superiore. Prima di dedicarsi totalmente alla scrittura, è stata direttrice dell’ufficio di Indian Education all’interno del dipartimento dell’istruzione del governo degli Stati Uniti ed è tuttora impegnata nel miglioramento dell’istruzione degli studenti nativi americani a tutti i livelli: tribale, statale, regionale e nazionale.

Boulley ha sempre avuto in testa l’idea per questo romanzo, ma il lavoro, la famiglia e la vita in generale l’hanno rallentata parecchio. Ha iniziato a scrivere tardi e ci ha messo ben dieci anni per architettare la trama! La prima ad accorgersi del suo talento è stata l’editor di Henry Holt Books per la narrativa giovani adulti, Tiffany Liao.

Qualche anno fa Boulley si trovava a New York, alla Kweli Color Of Children’s Literature Conference. Aveva portato con sé il primo paragrafo del manoscritto (solo 250 parole!), che è stato proiettato sullo schermo durante un incontro. Tiffany Liao – anche editor di di Courtney Summer – ha letto il paragrafo ad alta voce ed è rimasta strabiliata dal potenziale, dalla forza evocativa delle parole dell’autrice. È così che sei mesi dopo è diventata la sua editor!

 

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Inizialmente, per creare il personaggio di Daunis Fontaine, protagonista tenace e dalla personalità complessa, Boulley ha attinto dalla sua biografia: proprio come lei Daunis ha un padre Ojbwe e una madre non nativa. Ciò che prova Daunis riguardo al vivere in mezzo a due culture differenti, riguardo all’identità che a volte non è abbastanza e a volte è troppo poco per i membri di un ramo della famiglia, l’autrice lo ha testato sulla sua pelle e lo si capisce leggendo il romanzo perché Angeline Boulley riesce a trasmettere queste sensazioni ai lettori in maniera molto realistica.

«Imparai che c’erano occasioni in cui ci si aspettava che fossi una Fontaine e altre in cui non era un problema essere una Firekeeper.»

La costruzione del personaggio di Daunis è stata una continua evoluzione. Boulley ha lavorato alla storia per ben dieci anni e molte pagine sono state riscritte. A ogni bozza il personaggio Daunis è divenuto sempre più complesso, con interessi che non rispecchiano quelli dell’autrice: l’amore per le materie scientifiche (per esempio la chimica e la matematica) e anche la sua passione per l’hockey:

«Per poter scrivere su di lei e sulle sue esperienze, avevo bisogno di approfondire maggiormente. Se vivi a Sault Ste. Marie e i tuoi figli non giocano a hockey e non fanno pattinaggio artistico, hai una vita sociale pari a zero. È impossibile vivere a Sault Ste. Marie e non imparare qualcosa sull’hockey. Io non l’ho mai praticato ma mio figlio sì. Se vivi in una cittadina dedita all’hockey, è qualcosa che conosci per forza».

In ogni caso, Boulley ha tenuto a specificare che ciò che desidera che i lettori imparino dal suo romanzo è che “essere se stessi, essere esattamente come siamo – e accettarlo – è qualcosa di incredibile”.

Per rendere la storia realistica a tutti gli effetti Boulley ha fatto molte ricerche. Per esempio, ha frequentato un workshop presso l’accademia di stato della Polizia in Michigan dove ha imparato a produrre metanfetamina e a identificare laboratori clandestini di droghe pesanti.

In più, Boulley – tramite un amico – ha conosciuto un agente dell’FBI nativo-americano in pensione con il quale è diventata amica. Dopo aver capito che le sue intenzioni erano sincere, l’ex agente dell’FBI l’ha aiutata non solo raccontandole diversi particolari sul suo lavoro, ma anche mettendola in contatto con altri agenti dell’FBI e del fisco.

«È stato davvero meraviglioso avere accesso a questo tipo di ricerca in cui potevo fare domande e assicurarmi che la storia che stavo scrivendo fosse completamente plausibile dal punto di vista delle forze dell’ordine e dell’accusa federale.»

 

Libri young adult: la cultura dei nativi-americani in Un grammo di rabbia

 Definire Un grammo di rabbia esclusivamente un thriller non è corretto. Al suo interno, infatti, vengono esplorate diverse tematiche che si possono facilmente ritrovare nel filone della narrativa young adult come la crescita, il dolore, l’identità, la giustizia e l’ingiustizia, ma anche l’uso di droghe, il razzismo, l’abuso sessuale. Un aspetto davvero interessante è, però, senza dubbio la presenza dei nativi-americani e i moltissimi riferimenti alla cultura e alla lingua Ojbwe.

 

Avere zoongidewin significa affrontare le proprie paure con un cuore saldo. La zia mi ha raccontato che nella nostra bellissima lingua c’è una parola per quando non percorri più da sola il tuo sentiero, ma sei insieme a qualcuno nel viaggio su questa terra: wiijiindiwin. Dato che è il mio periodo di “luna”, non spargo il semaa con la mia preghiera del mattino. Durante le mestruazioni le donne sono nel pieno dei loro poteri, sono connesse alle energie che danno la vita.

 L’autrice ha espressamente richiesto di non inserire un glossario al termine del libro:

«Penso che quando inserisci un glossario, stai automaticamente – in mancanza di una parola migliore – attuando una censura da persona bianca. Volevo che la lingua Ojbwe fosse così organica con la storia da far comprendere cosa significassero le parole esclusivamente dal contesto. E sì, non ho neanche inserito una guida per la pronuncia. Come ci si sente a non sapere come si pronunciano le parole o a domandarsi se le stai pronunciando correttamente? Perché questa è l’esperienza di tante persone con la lingua inglese. La mia storia è Ojbwe e ho inserito le parole dove mi sembrava che ci stessero bene, ma non avevo intenzione di dare una mano alle persone su quest’aspetto. Se vuoi conoscere le parole, lavoraci su!».

Il libro è diviso in quattro parti: Waabanong (est), Zhaawanong (sud), Ningaabii’an (ovest) e Kewaadin (nord). Solitamente gli scrittori utilizzano spesso la struttura in tre atti, ma come ha detto Boulley «nelle nostre storie, nella ruota di medicina, il quattro è un numero molto importante».

cultura Ojibwe

 

«Ho guardato la nostra ruota di medicina, che ha quattro quadranti, e ho pensato: “Se la storia di Daunis fosse il Viaggio dell’eroe (modello narrativo sviluppato dallo sceneggiatore Christopher Vogler n.d.r) nel contesto della nostra cultura? Se rispecchiasse i nostri insegnamenti sulla ruota di medicina e rientrasse anche nel Viaggio dell’Eroe? Sarebbe stata a tutto tondo un’indigenizzazione del Viaggio dell’Eroe, e richiedeva per forza una struttura a quattro atti.»

Scegliere di inserire la cultura nativo-americana è stata per Boulley un modo per raccontare il mondo da cui proviene ma non solo. Proprio come Angie Thomas che inserisce elementi della storia e della cultura afroamericana nei suoi romanzi, anche Boulley voleva dare spazio alla comunità dei nativi-americani di cui non si parla abbastanza e voleva fornire a quest’ultimi una gamma di personaggi in cui gli indiani d’America potessero rispecchiarsi.

In un’intervista con Courtney Summer Boulley ha confessato di star lavorando al prossimo romanzo: dopo l’indigena Nancy Drew, il suo secondo libro vedrà come protagonista una Lara Croft indigena (ci saranno anche alcuni personaggi di Un grammo di rabbia!)… speriamo arrivi anche in Italia!

Per approfondire