Le più belle frasi da L’estate che conobbi il Che, di Luigi Garlando

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Redazione BookToBook
07 Apr 2017

Luigi Garlando vince la seconda edizione del Premio Strega Ragazze e Ragazzi per la categoria 11+ con L’estate che conobbi il Che: scopri le frasi più belle e la trama di un libro tanto amato!

 


Le frasi più belle


Perdere il lavoro è brutto come perdere la salute, Cesare. Ti senti una cosa inutile, un mobile rotto buttato in soffitta. Devi chiedere dei sacrifici alla tua famiglia quando invece vorresti regalarle il meglio che c’è al mondo.

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Fidel ha provato a ribellarsi al dittatore che governa Cuba e che se la intende con i ricchi stranieri, ma è stato arrestato e cacciato dall’isola. ora vuole tornarci per fare la rivoluzione. Il Che decide: «Vengo anch’io». «Ma lui non è cubano.» «Cosa c’entra? Le ingiustizie mica hanno il passaporto. Non dimenticare le guance, Cesare.» «Il Che sente gli schiaffi che prendono i cubani.»

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Ernesto, che deve respingere continui attacchi d’asma, arriva a sera distrutto con le ossa rotte. Prima di addormentarsi, legge i suoi inseparabili libri, gioca a scacchi e parla con Fidel di un sogno comune: liberare tutto il Sudamerica dalle ingiustizie e farne una nazione sola, libera e forte. È qui che, per scherzo, cominciano a chiamarlo il Che.

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Ripensai immediatamente alle parole del nonno, alla gente che perde il lavoro e si sente come un comodino rotto sbattuto in soffitta, preoccupata di non poter aiutare la propria famiglia. È brutto non ricevere un regalo, ma è molto più brutto aver voglia di farlo e non poterlo fare.

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Hasta la victoria siempre! Fino alla vittoria sempre! La forza di un capo sono i suoi sogni e la capacità di farteli sentire vicini. Se sogni da solo è solo un sogno, se sogni di due è già realtà. Fidel era un capo così. Ti soffiava nel cuore e te lo gonfiava come un palloncino.

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«Ma cosa c’entra la scuola con la rivoluzione?» «Cesare, la rivoluzione si fa con le idee, non con i fucili. Se hai una catena ai piedi puoi spezzarla e liberarti, ma se ti tengono nell’ignoranza non ti liberi mai. Ti fanno credere quello che vogliono, ti abituano a non pensare più e alla fine accetti anche le ingiustizie. La dittatura agisce così. Per questo il che insegna a leggere e a scrivere. Il suo motto: più libri, più liberi.»


La trama


È l’estate del 2014. I Mondiali di calcio sono appena cominciati, e Cesare sta per festeggiare il suo dodicesimo compleanno nella villa in cui vive con il padre, amministratore delegato di un’azienda di arredamento, la madre, medico chirurgo di fama, e la sorella, che studia economia e fa la fashion blogger. Oltre la collina abita il nonno, a cui il papà non parla più, ma che per Cesare è una colonna. Solida come i mobili che nascono dalle sue mani e che fanno di lui “il più abile poeta del legno apparso sulla terra, dopo San Giuseppe”. Quando il nonno non si presenta alla festa, Cesare ha un brutto presentimento, così inforca la bici e corre a cercarlo a casa. Appena in tempo per vederlo trasportato su un’ambulanza. Sconvolto, Cesare nota, un attimo prima che lo portino via, il tatuaggio che il nonno ha sulla spalla. Chi è l’uomo con la barba? Qualche giorno dopo, scopre che quel volto non appartiene a Gesù, come aveva pensato in un primo momento, ma a un tale Ernesto Che Guevara. Ed è solo l’inizio. Tesa ed emozionante come un finale di partita, la vita straordinaria del Che raccontata da un nonno a suo nipote col passo incalzante della scrittura di Luigi Garlando. Un romanzo che intreccia una storia attuale, dell’Italia nella crisi economica, all’avventura rivoluzionaria del combattente argentino e alla sua caparbia ed eroica ricerca di un mondo più giusto per tutti.