Nebbia a Milano: il vero e l’immaginato

Scritto da:
Redazione BookToBook
03 Dic 2020

La nebbia a Milano avrebbe bisogno di un suolo umido nel quale nascere, ma tra strade e marciapiedi non lo trova più. Sono nubi che spuntano dal basso soltanto là dove trovano un terreno fertile.

Osservando la città dal satellite, anche nelle mattine in cui tutto si copre di bianco, da Parma a Pavia,  sulla città resta evidente un buco. Un buco di calore prodotto da milioni di termosifoni e tubi di scappamento, un’oasi calda che non permette alle goccioline d’acqua di condensarsi a terra.

Com’era Milano nella nebbia

Un tempo c’era, eccome, la nebbia a Milano. Avvolto nel paltò uscivi presto dal portone di casa e procedevi cauto, con lentezza estrema – contro ogni idea del milanese sempre di corsa – oppure t’incamminavi scegliendo strade che conoscevi a menadito.

Di tanto in tanto appariva accanto a te un passante, per scomparire nel bianco un istante dopo alle tue spalle. La nebbia sembrava attutire non solo i colori, ma anche i suoi e gli odori. Perché era sì vera la nebbia a Milano, ma era anche uno spazio dell’immaginazione.

Per quanto ne sapevano, ci sarebbe potuto essere il mare in quella città e loro non l’avrebbero visto. E navi e isole all’orizzonte o altissime montagne, o magari una cattedrale con pinnacoli vertiginosi.

La Grande Città del Nord è insieme una descrizione di Milano e ne è un’invenzione. Questo luogo è protagonista del romanzo Desideri Deviati di Edoardo Albinati ambientato in una fantasia degli anni ’80. Qui c’è la nebbia, un elemento che racconta al contempo la pensantezza del vivere e l’inconsistenza dei suoi abitanti.

La nebbia a Milano aveva un suo peso specifico:

Dopo dieci o dodici ore di clausura nella fabbrica, gli stessi operai ne sarebbero sortiti a notte fonda, con un buio e una nebbia altrettanto impenetrabili, e tornavano a casa percorrendo a ritroso il medesimo camminamento mentale.

La nebbia a Milano, soprattutto negli anni ottanta intrisi di soldi e speranze, di ragazzi che davvero potevano diventare quel che volevano, di adulti che saladavano mutui senza problemi, di moda, editoria e televisioni private, era anche la perfetta atmosfera per narrare un vuoto:

– Dove andavamo durante quelle passeggiate?
– Da nessuna parte, Nico. La nebbia confondeva tutto.
– Eppure mi sembra che puntassimo verso un obiettivo.

Esiste la nebbia da irraggiamento delle pianure coltivate e quella da avvezione che si crea sul mare, sul manto di neve o sul suolo freddo quando arriva un’aria più calda da terre lontane. C’è poi quella che si forma sottozero coprendo di piccoli aghi ghiacciati ogni cosa.

Desideri deviati

ACQUISTA IL LIBRO

Acquista su Mondadori StoreAcquista su AmazonAcquista su IBSAcquista su FeltrinelliAcquista su Rizzoli

Abbiamo domandato a Edoardo Albinati da dove arrivi la nebbia del suo romanzo, se da un ricordo personale o dalle leggende su di essa.

“Mia nonna mi parlava della nebbia, ma per me – e soprattutto per il mio lavoro di scrittore – questo elemento è una pura fantasia”.

La realtà della nebbia non interessa la scrittura: “Non mi interessa la sua autenticità, bensì la resa della sua immagine, come in Amarcord di Federico Fellini dove i personaggi si perdono e danzano nella nebbia“.

La nebbia dal Settentrione al resto del mondo

Non è una favola solo la nebbia a Milano, ma anche l’immaginario di San Francisco vi è sempre avvolto, con il Golden Gate nascosto alla vista, tanto da trovare nelle locali bancarelle di souvenir le fog ball, versione alternativa alle palle con la neve. Dubai, dove l’aria calda incontra un mare freddo, è un’altra città della nebbia.

Ma la nebbia della Valpadana è valsa da sola a creare la reputazione degli abitanti di un intero territorio, grigi nell’aspetto e foschi nell’animo, ed è diventata spauracchio per chi dal Sud meditava di migrare al Nord.

L’ospite meridionale teme il freddo e la nebbia, di cui ha sentito narrare le leggende, ecco che subito nelle strade, soleggiate e tiepide come quelle di una qualsiasi città dello Stivale, comincerà a incanalarsi il caratteristico vapore umido, fino a che la fantasticheria del nuovo arrivato sia soddisfatta, rabbrividendo.

Per approfondire