3 ragioni per leggere Isola grande Isola piccola, di Francesca Marciano

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Redazione BookToBook
06 Giu 2015

C’è una cosa che accomuna i protagonisti, tutti indimenticabili, di questi nove racconti: che non hanno paura del cambiamento. Anzi, è proprio nella loro stessa trasformazione, nell’abbandonarsi a nuove passioni o nuovi destini, nel valicare nuovi confini, che ognuno di loro trova la propria ragion d’essere, non solo umana ma anche letteraria. Vuoi tre ragioni per leggerlo?

1. «Per cambiare la tua lingua devi cambiare la tua vita.» Francesca Marciano, nata a Roma nel 1955, è una scrittrice e sceneggiatrice italiana (ha lavorato, fra gli altri, anche con Salvatore, Bertolucci e Verdone). Ma scrive in inglese: questa è la lingua in cui, per sua stessa ammissione, abitualmente pensa e si esprime. Sarà perché ha vissuto parecchio in America (e in Africa), e scrivere in italiano le sembrava, alla fin fine, un po’ una forzatura. Sembra già un motivo interessante per leggerla, non trovi? Soprattutto se una rivista letteraria prestigiosa come il «New York Times» l’ha definita una «narratrice nata»!

2. Il potere del cambiamento. La parola chiave per ogni personaggio di Francesca Marciano è “trasformazione”. Una persona si trasforma, necessariamente e inevitabilmente, nel momento in cui riconosce il richiamo della propria storia e accetta di viverla fino in fondo, senza il timore che il cambiamento che ne deriva possa modificare la sua natura più profonda e intima. C’è gioia nella capacità di re-inventarsi che appartiene a ciascuno di noi, così come c’è gioia in ogni azione che ci porta a scoprire qualcosa di più su noi stessi: chi siamo, perché siamo qui e dove stiamo andando. Cambiare è possibile: basta fidarsi della vita e delle occasioni che ci propone. Bel messaggio, no?

3. Uno stile scarno ed essenziale. La Marciano ha una capacità sorprendente, grazie al linguaggio asciutto e alla capacità di sintesi, di condensare il racconto di una vita intera in pochissime pagine. Ne nasce una galleria di ritratti straordinariamente intensi, così veri e vivi da imprimersi nella nostra memoria in maniera indelebile. Un dono, questo, di cui non tutti gli autori possono vantarsi.

«Ci fu una pausa, poi Khan aveva chinato il capo leggermente. La signora D’Costa aveva sfiorato i fiori con la punta delle dita. Tornando a casa continuava a guardare lo specchio retrovisore per vedere come le stava quel fiore bianco tra i capelli.»