Fra fantascienza e realtà: le più belle citazioni di J.G. Ballard

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Redazione BookToBook
15 Nov 2015

Non è facile inquadrare un autore come James Graham Ballard. Avvicinatosi a metà degli anni Cinquanta alla fantascienza, interpretò in maniera assolutamente personale il romanzo di genere, con una prosa e una scelta delle tematiche che influenzarono le successive generazioni di scrittori.

Ma non si può di certo considerarlo un semplice autore di fantascienza. I suoi libri più celebri, infatti, sono ben lontani dalla direzione presa agli inizi della carriera: a segnare un primo distacco, nel 1973, è Crash, che scava nella psicopatologia dell’uomo moderno con sorprendente lucidità. Nel 1984 è invece il turno dell’Impero del sole, romanzo autobiografico (come il protagonista dell’opera, anche Ballard è nato a Shanghai ed è stato internato in un campo di prigionia di Lunghua durante la Seconda guerra mondiale) portato sul grande schermo da Steven Spielberg.

Nel giorno in cui avrebbe compiuto ottantacinque anni – è nato il 15 novembre 1930 e si è spento il 12 aprile 2009 – abbiamo scelto di ricordarlo con le migliori parole: le sue.

 

«Credo nel potere che ha l’immaginazione di plasmare il mondo, di liberare la verità dentro di noi, di cacciare la notte, di trascendere la morte, di incantare le autostrade, di propiziarci gli uccelli, di assicurarsi la fiducia dei folli.»

Re/Search 

«Il futuro, inutile dirlo, è un posto pericoloso da frequentare, fittamente minato e con la tendenza ad azzannarti i polpacci a tradimento mentre ti ci inoltri.»

Tutti i racconti 1956-1952

«Di racconti perfetti ne esistono a iosa, mentre di romanzi perfetti nemmeno uno.»

Tutti i racconti 1956-1952

«Nella zona del disastro ciascuno di noi c’è già ed è troppo tardi per uscirne.»

La zona del disastro

«Nell’epoca postwarholiana un singolo gesto, accavallare le gambe, per esempio, può diventare più significativo di tutte le pagine di Guerra e Pace

La mostra delle atrocità

«Sento che si ha bisogno di una tecnica non lineare semplicemente perché le nostre vite non sono condotte in termini lineari.»

Intervista a BBC Radio Three, 1969