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Vite di studenti senza scuola: Marco Erba racconta come è nato Ci baciamo a settembre

Fare il prof è un mestiere meraviglioso: mi fa scoprire quanta bellezza hanno dentro i nostri ragazzi, mi rende fiducioso verso il futuro. Tante volte si parla di adolescenza solo quando si ha a che fare con fenomeni di devianza eclatanti, buoni per sparare qualche titolone. […] Ma in più di dieci anni di insegnamento, la positività che ho incontrato, il desiderio di futuro che ho respirato, è infinitamente maggiore. E’ per questo che guardo con fiducia al domani, anche in tempi difficili.

Marco Erba, Ci baciamo a settembre

Tempi difficili quelli in cui viviamo. La quarantena appena conclusa ha lasciato in tutti noi un’eredità più o meno pesante da gestire. In tanti ne hanno parlato: virologi, politici, giornalisti, ministri, presidi, professori, esperti, inesperti. I ragazzi no. Chiusi nelle loro stanze, inondati dalle lezioni a distanza che un po’ funzionavano e un po’ no, sono rimasti zitti.

Per dar loro voce Marco Erba, insegnante liceale e scrittore, ha deciso di raccogliere i loro scritti in un libro. E ce lo ha raccontato.

Ci baciamo a settembre: come è nato il diario sentimentale del tempo senza scuola

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Con Ci baciamo a settembre abbiamo voluto dare voce ai ragazzi.

Il libro contiene le esperienze di vita di studenti tra la prima media e la quinta superiore durante la quarantena: sono loro gli autori.

Durante il lockdown molti hanno parlato di scuola e di didattica a distanza, ma la voce degli adolescenti si è un po’ persa, così abbiamo voluto chiedere a loro come hanno trascorso questo periodo.

Il risultato è stato sorprendente. Lavorando ai testi mi sono commosso e divertito, ho riso e ho pianto. I ragazzi infatti hanno raccontato i piccoli grandi inconvenienti della quarantena.

C’è chi è andato a fare la spesa al supermercato con fratello, e non da solo, fingendo di non conoscerlo per paura di essere sgridato. C’è chi è rimasta chiusa per sbaglio per ore sul balcone, dimenticata dalla famiglia. C’è chi, non avvezzo alla didattica a distanza, non sapeva silenziare il microfono ed era angosciato perché nel pieno di una lezione sua madre cantava felice e passava l’aspirapolvere, col rischio che i compagni e il prof sentissero tutto.

La scrittura però per alcuni è stata un modo di condividere esperienze drammatiche: una ragazza ha raccontato della morte del nonno, che le è stata comunicata proprio mentre, per distrarsi, guardava un film comico.

C’è poi chi si è immaginata anziana, nel 2100, e ha raccontato il Covid come un evento storico della sua giovinezza.

Colpisce molto, nel libro, la considerazione che i ragazzi hanno della scuola. Anche quelli che dicono di averla odiata ne hanno tremendamente sentito la mancanza e ne hanno capito l’importanza.

Un ragazzo delle medie scrive che si sente come quei prigionieri che odiano il carcere, ma che dopo anni chiusi lì dentro, una volta tornati liberi, non sanno cosa fare. Per lui la scuola è fonte di fatica, ma le vuole bene perché la ritiene indispensabile.

Proprio perché la scuola è così importante, una parte del ricavato dalla vendita del libro servirà a finanziare una scuola in una regione molto povera dell’India: gli scritti dei ragazzi contribuiranno così a offrire una possibilità di studio e di futuro ai loro coetanei dall’altra parte del mondo.

“Ci baciamo” a settembre è dunque un’occasione per scoprire la voce viva e vera degli adolescenti di oggi. Il lettore, sono certo, resterà sorpreso in positivo.

Spesso infatti si discute di adolescenza solo in termini di devianza, ma questo libro dice invece che i nostri ragazzi sono persone meravigliose, che sanno coltivare ideali, che sanno resistere alle difficoltà e andare oltre. Da prof posso insomma dire che i nostri studenti, a volte, diventano i nostri maestri.