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Q&A: John Green risponde alle domande più acute dei lettori!

Le curiosità su John Green nelle domande dei lettori: ti sei mai chiesto dove l’autore di Colpa delle stelle trovi ispirazione per le sue storie o come affronti il blocco dello scrittore? Aspettando l’arrivo in libreria del suo nuovo romanzo, Tartarughe all’infinito (11 ottobre), abbiamo scelto alcune delle domande a cui risponde sul suo sito. Leggi le risposte, e se non sei ancora sazio leggi di più!


Come mai scrivi romanzi per adolescenti se non sei un adolescente?


Be’, è più semplice che scrivere di vampiri, per esempio, dal momento che sono stato un adolescente. Ma in realtà la narrativa è un tentativo di empatia: quando scrivo cerco di immaginare come sia essere qualcun altro, più di quanto io cerchi di esprimere me stesso. Quindi, in un certo senso, per me è molto d’aiuto scrivere dalla prospettiva di personaggi almeno diversi da me, almeno un po’. Ovviamente sono uno scrittore dal talento limitato, non credo che potrei allontanarmi troppo da me stesso.


Quando hai capito che avresti voluto scrivere


Lo sapevo fin da quando ero molto piccolo, al punto che non credo di aver mai veramente deciso di farlo. Ho semplicemente continuato a scrivere, anche quando non mostravo un particolare potenziale. Non ho mai pensato che sarei mai stato capace di scrivere per mestiere o cose simili, e ancora non mi sento a mio agio nel dire cose come “scrivere è il mio lavoro”. E in molti modi in effetti non lo è. Ho diversi lavori.


Da dove prendi le idee per i tuoi libri?


Be’, nei miei libri non ci sono idee con la I maiuscola. Non ho di quelle idee che spuntano come funghi dal niente, tipo BUM! Scrivi un libro su una scuola di maghi! O BAM! Vampiri delle periferie! Le idee dei miei libri hanno la i minuscola. Cercando Alaska è cominciato riflettendo sul senso o no della sofferenza, e in che modo ci si possa riconciliare con un mondo in cui la sofferenza stessa è così ingiustamente distribuita. Città di carta è nato dal pensare a come rimaniamo affascinati da certi personaggi femminili eccentrici, e dall’inarrestabile incomprensione reciproca. Poi arrivano altre piccole idee e si connettono tra loro e così, in pochi anni, ho un libro. Mi piacerebbe che un’idea macroscopica caduta dal cielo mi colpisca, un giorno, ma finora non è successo.


Come affronti il blocco dello scrittore?


Mi do semplicemente il permesso di far schifo. Cancello quasi il 90% delle mie prime bozze (l’unica eccezione finora è stato Will Grayson, Will Grayson) e non importa se un certo giorno scrivo con una prosa brillante che sconvolgerà la mente dei miei lettori per sempre, perché c’è comunque il 90% delle possibilità che io cancelli tutto in ogni caso. Lo trovo estremamente liberatorio. Inoltre mi piace ricordare a me stesso che mio padre mi diceva, riguardo al blocco dello scrittore: “i minatori non hanno il blocco del minatore”.


Ti è mai capitato, nel bel mezzo della scrittura di un nuovo libro, di sentirti a corto di idee e di pensare che non saresti mai riuscito a finire di scriverlo?


Oh sì, ogni volta. E qualche volta non finisco il libro, o almeno non lo faccio per un bel po’ di tempo. È sempre un po’ deprimente, ma non credo che sia tempo perso, anche se rischi di non finire la storia. Evidentemente stavi imparando qualcosa che ti serviva imparare, da scrittore. La cosa difficile è capire quando una storia dev’essere davvero abbandonata, e quando è soltanto un momento di stanca, cosa che credo capiti nella scrittura di qualunque libro.