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I racconti del sesso e della menzogna: un saggio infuocato

Benvenuti nella «società della menzogna».

Una società che santifica la verginità pur essendo la quinta al mondo per consumo di pornografia online.

Tredici racconti sul sesso e sulla sessualità in Marocco: tredici testimonianze spontanee raccolte dalla scrittrice Leïla Slimani.

 

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I racconti del sesso e della menzogna. La parola a Leïla Slimani


Il mio obiettivo non è quello di scrivere uno studio sociologico o un saggio sul sesso in Marocco.

Ci sono eminenti sociologi ed eccellenti giornalisti che si dedicano a questo compito estremamente difficile. Quello che volevo era restituire quelle parole nella loro crudezza. Parole intense e vibranti, storie che mi hanno sconvolto, commosso, che mi hanno infastidito e a volte indignato.

Ho voluto raccontare questi spaccati di vita, a tratti dolorosi, a una società in cui troppo spesso uomini e donne preferiscono distogliere lo sguardo.

Narrandomi la propria vita, accettando di infrangere dei tabù, tutte quelle donne mi hanno dimostrato una cosa: che la loro esistenza è importante. Che contano e devono contare.

Attraverso le loro confidenze hanno voluto uscire dal loro isolamento, almeno per qualche ora, e invitare le altre donne a prendere coscienza del fatto che non sono sole. In questo senso la loro è una parola politica, impegnata,emancipatrice. Durante quegli incontri, ripensavo spesso a una frase di Fatima Mernissi (La terrazza proibita. Vita nell’harem) sul personaggio di Shahrazad – una figura magnifica ma a volte molto ingombrante per le donne musulmane:

«Avrebbe curato l’anima travagliata del sovrano, semplicemente parlandogli di cose accadute a qualcun altro […]; lo avrebbe aiutato a vedere la sua prigione, il suo odio ossessivo per le donne».

Per questa sociologa marocchina, se Shahrazad è un personaggio così straordinario non è perché incarna la donna orientale seduttrice e sensuale, ma al contrario perché si impadronisce del racconto, perché non è più soltanto oggetto ma soggetto della storia.

Le donne devono trovare il modo di incidere su una cultura che è ostaggio dei religiosi e del patriarcato.

Facendo sentire la propria voce, raccontandosi, usano una delle armi più potenti che esistano contro l’odio e l’ipocrisia imperante.

La parola.