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“Tutta la vita che resta” di Roberta Recchia è destinato a essere un caso editoriale

Quante vite viviamo, ognuno di noi, nel corso della nostra esistenza? Quando finisce una vita e ne comincia un’altra? Quanti errori cancelleremmo, quanti amori salveremmo per l’eternità, quanti dolori incidono il nostro presente e paralizzano il nostro futuro? A quanta speranza facciamo appello messi di fronte all’infinito andirivieni del vivere e del morire?

Tutta la vita che resta è il titolo, quanto mai suggestivo, emozionale, evocativo di un romanzo che ha fatto il giro del mondo ancor prima di arrivare nelle librerie italiane. Italiana è l’autrice, Roberta Recchia, al suo esordio eclatante in narrativa edito da Rizzoli, già venduto in quattordici Paesi tra cui Gran Bretagna, Francia, Spagna, Germania, per citare sono quelli più vicini a noi.

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Roberta Recchia, poco più che cinquantenne, è laureata in Lingue e Letterature Europee e Americane e in Relations Interculturelles et Coopération Internationale; per molti anni ha lavorato in azienda e poi ha iniziato a insegnare nelle scuole, ma si è sempre dedicata alla scrittura e Tutta la vita che resta è il suo primo romanzo. Gli editori stranieri lo hanno accolto con tale entusiasmo da poterlo considerare, a tutti gli effetti, un caso editoriale. «Sono rimasta assolutamente colpita dalla maturità della scrittura e non avrei mai pensato che si trattasse di un romanzo d’esordio», ha detto Julia Schade dalla casa editrice tedesca Fischer Verlag. «Tutti i suoi personaggi mi hanno commosso profondamente e in modo duraturo, non sono riuscito a smettere di pensarci. Questo perché ho trovato in ognuno di loro un pezzo della mia vita, cosa che accadrà a tutti i lettori», avverte Henri Bovet, delle Éditions Slatkine et compagnie francesi. Ha ragione. Il romanzo di Roberta Recchia commuove in modo autentico, perché racconta di persone normali, di una famiglia normale caduta da un giorno con l’altro in un abisso di dolore improvviso e lacerante che scompagina la quotidianità e interroga ognuno di noi sulla provvisorietà delle nostre certezze acquisite, sull’apparente e consuetudinaria quiete delle nostre esistenze.

Tutta la vita che resta è un libro che ti entra dentro

Dice bene l’aletta di copertina di Tutta la vita che resta: «Ci sono libri che ti entrano dentro, che ti accompagnano per mano nella vita di tutti i giorni». I primi personaggi che incontriamo, nelle prime pagine del romanzo, sono Marisa e Stelvio Ansaldo. È l’estate del 1980, nella casa sul litorale laziale dove Marisa e Stelvio sono soliti trascorrere le vacanze insieme con la figlia Betta, sedici anni di bellezza, gioia e intraprendenza. I genitori si erano conosciuti e innamorati nella Roma degli anni Cinquanta, un amore affatto scontato a quei tempi, che lottò e vinse contro lo stigma della vergogna, contro i pettegolezzi crudeli che corrono di bocca in bocca per buona pace dei benpensanti. Un amore che nacque da un altro amore, quello del padre di Marisa, Ettore Balestrieri, uomo di buon carattere che aveva investito la vita nella bottega di alimentari con l’aiuto della moglie Letizia; «al suo negozio ci venivano pure da lontano, sapevano che dal sor Ettore c’era solo roba di prima qualità».

Una sera Ettore disse alla figlia in lacrime (lasciamo a voi scoprire il perché, se vorrete), a proposito di un giovanotto, Stelvio, che consegnava il pane in negozio: «Quel ragazzo ti si mangia con gli occhi. Non te ne sei mai accorta perché è un giovanotto rispettoso. Da padre ho fatto finta di niente, dal momento che è garbato. Se sei bella, del resto, mica è colpa sua».

Marisa e Stelvio disegneranno il loro futuro e la loro famiglia nel tempo che Roberta Recchia si prende per narrarci la costruzione di un amore coniugale fino alla nascita, e alla morte, della loro giovanissima figlia. Sarà proprio e purtroppo quell’estate del 1980 a segnare indelebilmente un prima e un dopo, la vita di prima e la vita dopo, lo splendore della luce negli occhi di Betta e la notte infinita che la inghiottirà con indicibile violenza su quella spiaggia del litorale laziale teatro di oscena disumanità, quella stessa notte a cui sopravvivrà invece la coetanea cugina Miriam, vittima innocente pure lei, ragazza nel pieno della vita adulta nascente cui toccherà il peso, il senso di colpa, il segreto di un orrore. Un orrore feroce e imperdonabile, pagina di odierna cronaca nera, fenomenologia di tempi malati e deviati su cui indagheranno poco e male le forze dell’ordine, che toglierà il respiro e il sonno e la fame a Marisa e a Stelvio, che costringerà nel silenzio e nella finzione Miriam, sull’orlo di un altro abisso, quello della rinuncia alla vita.

Tutta la vita che resta parla di amore e di cura

Sarà tuttavia la dimensione della cura, in una delle svolte della vita e della speranza che ci regala Roberta Recchia, a tracciare un’inaspettata via di salvezza. Sarà un altro amore affatto scontato a disegnare un nuovo futuro per mano di altri due personaggi commoventi nella loro disperazione ai margini della buona società, Leo e Corallina, fratello e sorella provati dalla vita dura, a tratti ingrata, dimenticati dalla buona sorte eppure capaci di umanità grandiosa e salvifica, che è poi cuore pulsante di tutta questa storia che attraversa generazioni e pregiudizi, che parla all’universo delle nostre vite normali e che la scrittrice ci racconta con straordinario e delicato tocco narrativo.

«Leo dovette bussare alla porta con la punta della scarpa, visto che in braccio aveva quella Miriam che, pure se pesava mezzo chilo, non gli permetteva di prendere la chiave nella tasca dei jeans.

Corallina ci mise un po’ a venire ad aprire. Mentre si faceva da parte per farlo entrare, si lasciò scappare un’esclamazione di sorpresa. “Ma che è successo?”

“Ma niente. È un’amica mia che ha bevuto troppo.”

“E adesso dove la mettiamo?” Passò in rassegna tutti i quaranta metri quadri dell’appartamento che, con il divano-letto da una piazza e mezza in cui dormiva Leo, diventavano praticamente la metà.

“La metto sul letto mio. Ci stiamo” la tranquillizzò lui.

Corallina scostò le coperte e lo aiutò a adagiarcela. Le tolsero le scarpe, il cappuccio, la sciarpa e il giubbetto.

“Ma che è uno scheletro?” chiese lanciando al fratello un’occhiata incredula. “E che è ’sto livido in fronte?”

“È incasinata, Coralli’” tagliò corto lui.

Corallina la coprì per bene. “Allora benvenuta” sospirò con un sorriso amaro.»

«È una storia d’amore, un romanzo poliziesco, un ritorno all’età adulta, una saga familiare piena di intrighi, segreti di famiglia, relazioni complicate e suspense. È impossibile metterlo giù», è la descrizione che di Tutta la vita che resta fa Lotte Dijkstra di Xander Uitgevers, casa editrice dei Paesi Bassi. E così dice Louise Vind, della casa editrice danese Grønningen 1: «Quando si legge un grande romanzo, la vita cambia».