Nei Sussurri di Ashley Audrain c’è tutto ciò che non si dice della maternità

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Redazione BookToBook
19 Ott 2023

Nessuna di loro è come appare, nessun stereotipo innocuo o nocivo sul matrimonio, sulla maternità e sulla famiglia felice che indossano in società reggerà all’introspezione verace, ai pensieri intimi, alle verità con cui ognuna di loro dovrà fare i conti dopo, davanti allo specchio della propria anima, dei propri desideri e frustrazioni impronunciabili. Dopo quel pomeriggio di settembre in giardino dai Loverly, niente sarà più come prima, nonostante le bugie, i sotterfugi, il tentativo disperato di riportare ogni cosa a una quiete apparente, a una normalità di facciata.

Sussurri

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Whitney, Blair, Rebecca e Mara sono vittime e carnefici di un sistema che le vorrebbe felici e appagate nei ruoli assegnati loro da quel che si dice essere la realizzazione e l’affermazione di sé, l’amore coniugale e filiale, il successo, il denaro. Parole, concetti, valori che si svuoteranno via via di ogni credibilità fino a svelare una perdita disarmante, si sgretoleranno sotto i colpi dell’imprevedibilità della vita, del dramma che si consuma dietro le quinte della gran messa in scena della famiglia.

Whitney, Blair, Rebecca e Mara, quattro donne molto diverse fra loro, per carattere e per ceto sociale, sono le protagoniste di Sussurri, il nuovo romanzo di Ashley Audrian in libreria dai primi di ottobre per Rizzoli. La spinta, il suo primo romanzo, pubblicato in Italia sempre da Rizzoli nel 2021, è stato un esordio sorprendente, che ha conquistato lettrici e lettori in tutto il mondo, tradotto in 34 paesi e i cui diritti televisivi sono stati acquisiti dai produttori di C’era una volta a… Hollywood. Un esordio ancor più sorprendente per la storia che La spinta racconta, ovvero quella del rapporto tra una madre e una figlia che appare complicato, malato, guasto fin dai primi vagiti, una relazione intricata che mette in discussione l’amore di una madre per una figlia e l’amore di una figlia per la madre, spiazzando qualsiasi convinzione assodata e conducendoci in una voragine di sentimenti e di emozioni onesta fino alla brutalità. Ashley Audrian, che vive a Toronto e che ha lavorato a lungo come capo ufficio stampa di Penguin Books Canada, torna dunque in libreria con un nuovo romanzo, in cui sono sempre le donne le protagoniste, in cui vacillano le fondamenta dei luoghi comuni, dell’apparenza, della sacralità della forma.

Troppa famiglia fa male?

Ecco di cosa parla Sussurri

«Una volta li aveva sentiti definire i sussurri: quei momenti che provano a dirti qui c’è qualcosa che non va. Il dramma è che alcune donne non ascoltano ciò che la vita tenta di dire loro. Non sentono i sussurri finché non si voltano indietro con il senno di poi. Colte alla sprovvista. Con il bisogno disperato di vedere la verità per quello che è.»

È un pomeriggio di settembre quando le quattro famiglie si ritrovano per un party nel giardino di Whitney e Jacob, che vivono nella casa più lussuosa di Harlow Street. Hanno tre figli, Xavier di dieci anni, e i gemellini di tre anni Thea e Sebastian. Da sette anni Whitney guida la società di consulenza che ha fondato. «Sa che non tutte le donne la pensano come lei: e cioè che l’indipendenza, in tutte le sue declinazioni, è la forma di potere più importante».

Blair e Aiden vivono nella casa di fronte, molto più piccola e molto più modesta. Blair è la migliore amica di Whitney, o almeno così sembra. Madre casalinga di una figlia unica, Chloe, la migliore piccola amica di Xavier, Blair si schernisce, nel segreto dei propri pensieri, apostrofandosi come «la martire». Spesso si ritrova a pensare che avrebbe voluto più figli, «per giustificare il pochissimo che succede nel resto della sua vita». L’amabilità di suo marito, Aiden, la irrita, la irrita la facilità delle sue giornate. «Se faticasse quanto fatica lei nel proprio ruolo, pensare, agevolare, pianificare, fare, pensare un’altra volta. Vorrebbe che gli girasse la testa, la sera, per la quantità di cose da fare l’indomani in modo che la vita fili liscia».

«Se una volta aveva la sensazione che la maternità le avesse dato molto più di quanto aveva prima, oggi le sembra solo che le abbia portato via tutto. Oggi non riesce più a conciliare l’amore per la figlia con i limiti imposti dal privilegio di essere sua madre. Queste sono le emozioni che prova e non sopporta di provare. Queste sono le cose che non confesserà mai a nessuno.»

Da anni Rebecca e Ben tentano disperatamente di avere dei figli. Rebecca è un medico, «durante il suo primo anno da specializzanda in pediatria, un collega già assunto le disse che la cosa migliore che poteva fare per i genitori in ospedale era ridurre al minimo il divario tra le loro aspettative e la realtà. In altre parole la speranza, cioè l’emozione che tutti cercano, non è per forza una cosa buona. Le era sembrata un’idea sensatissima. Per tredici anni si è allenata a credere alle prove concrete, a prendere decisioni fondate sulla propria cognizione di come funziona il corpo umano. Ma quanto al suo, adesso, quasi non ha cognizione». Gli aborti spontanei l’hanno cambiata, e lacerata. Si ritrova a pensare sempre più spesso che diventare madre sia «la cosa più assurda che una donna possa fare. Che un amore come quello non potrà che ferirla molto più di quanto possa immaginare».

Ormai anziani, emigrati tanti anni prima dal Portogallo per rifarsi una vita in un posto con maggiori opportunità, Mara e Alberto vivono nella casa di fianco a quella dei Loverly. Mara aveva trovato l’invito per il party nella cassetta della posta, ma l’aveva gettato nella differenziata. «Sa che questi vicini non vogliono davvero gente come lei e Alberto in casa. Pensano che non abbia più niente da offrire. Decenni di esperienza di vita non hanno il minimo valore per queste donne, che procedono impettite come se sapessero già tutto. Ma va bene così. Lei vede e sente ciò che vuole vedere e sentire dalle fessure nello steccato quando riordina in giardino, quando strappa i germogli delle erbacce finché non le fa male la schiena, e allora si sposta sulla sdraio ammuffita».

Il party procede alla grande, Whitney ha fatto colpo su tutti quanti gli invitati, una cinquantina circa, e pensa alle foto che appariranno su tutti i social. A un certo punto però suo figlio Xavier, che non è mai dove dovrebbe essere, sparisce, nonostante lo abbia supplicato di fare il bravo solo per questa volta, per questo party a cui lei tiene molto. Va a cercarlo, lo ritrova nella sua cameretta a fare quel che non dovrebbe fare, e perde il controllo.

«Sulla festa è calato il silenzio. Nelle orecchie c’è solo il martellio furibondo del suo cuore. E l’eco delle sue urla velenose, omicide. L’eco familiare della sua rabbia. Irrompe la paura delle varie possibilità. E poi la vede. La finestra spalancata. Hanno sentito tutti.»

Nove mesi dopo, in una notte di giugno, Xavier cade da quella stessa finestra, ed entra in coma. Per il piccolo, appeso tra la vita e la morte, il tempo si è fermato, mentre intorno alle quattro famiglie e alle quattro donne si rincorrono i sussurri. Che rimbombano. I pettegolezzi riempiono le chat di scuola tra i genitori dei compagni di Xavier e Chloe, le inquietanti domande su cos’è successo davvero quella notte rimbalzano tra le mura di casa dei vicini, le intuizioni di Blair, Rebecca e Mara sulla verità sono messe a tacere, i sospetti sui tradimenti che affiorano aleggiano sui rispettivi mariti. Il mistero sull’incidente si trasforma in scheggia incriminante, non soltanto per Whitney, e Ashley Audrian, che in esergo dedica il romanzo a «ogni mamma aggrappata a un filo» e a quelle che «provano disperatamente a diventarlo», con questa storia che si fa incalzante thriller scava tra le scorie che incombono su ogni famiglia, tra le bugie che tutti si scambiano; solleva il velo sulle paure delle donne e sulla rabbia che è sempre lì, in agguato, e che nessuna madre confesserebbe mai, perché fare finta è la cosa che riesce meglio a tutti, mogli e mariti, ed è così che funziona la vita delle donne. E noi, lettrici e lettori, scopriremo che nessuno è più come appare.

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