The Lyrics, una cavalcata a perdifiato lungo 64 anni di splendida carriera di Paul McCartney

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Redazione BookToBook
19 Nov 2021

Ci sono certi libri che hanno la forza della dedizione per ciò che si ama, la famiglia, la chitarra e la musica, la scrittura e le parole, la terra dove si è cresciuti. The Lyrics. Parole e ricordi dal 1956 a oggi, due volumi in cofanetto pubblicati in Italia da Rizzoli in contemporanea mondiale, contiene in sé molti amori (e anche qualche grande dolore), contiene e custodisce la storia eccezionale di un gruppo di ragazzi geniali che si conobbero per caso in una città del Nord dell’Inghilterra e che in un batter di riff conquistarono il pianeta. E sfogliando le quasi mille pagine l’emozione monta via via che leggi non perché tu sia un fan della prima o dell’ultim’ora dei Beatles, non serve, ma perché a raccontarcela con tanto candore e, appunto, dedizione è Sir Paul, il maestro Paul McCartney che ha, fortunati noi, ancora un mare di aneddoti e di inediti da consegnarci, lui che nell’estate del 1957, a quindici anni, incontrò per caso un ragazzo di un anno più vecchio che stava suonando alla festa della parrocchia di Woolton alla chiesa di St. Peter, un ragazzo che di nome faceva John, John Lennon, e che da quarant’anni ogni 8 dicembre, nell’anniversario della sua morte, il mondo celebra e rimembra.

Lyrics

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The Lyrics è una cavalcata a perdifiato lungo tutte quelle pagine di sessantaquattro anni di splendida carriera che Paul McCartney riempie di sé, dei Beatles, degli Abbey Road Studios di Londra e della fattoria in Scozia, dei grandi nomi della musica e della letteratura (il titolo lirico non è casuale) e delle canzoni che ha scelto di raccogliere – 154 in tutto – scritte dal 1956 a oggi, molte tra gli anni Sessanta e i Settanta, dunque in duplice qualità di Beatle, di fondatore dei Wings, di solista e di «un’icona del ventesimo secolo», secondo quanto afferma Paul Muldoon, poeta insignito del premio Pulitzer nel 2013 che ha curato i due volumi in questione (la traduzione per l’edizione italiana è di Franco Zanetti e Luca Perasi).

Cinquanta ore di conversazione con Paul McCartney riassunte in due volumi

In pratica, McCartney e Muldoon si sono trovati un pomeriggio del 5 agosto 2015 a New York e, tra l’estate di quell’anno e il 19 agosto 2020, hanno parlato per circa cinquanta ore, suddivise in 24 sedute le ultime delle quali in videochiamata, dopo che gran parte del mondo era in lockdown a causa della pandemia di Covid-19. Così è nato The Lyrics da cui i lettori, sempre secondo Muldoon, «ne ricaveranno la sensazione di trovarsi di fronte a un poeta per il quale “le librerie di Londra erano attraenti quasi quanto i negozi di chitarre”».

D’altronde, già a quattordici anni, quando viveva con i suoi genitori e il fratello a Liverpool e suonava la sua prima chitarra, Paul aveva già iniziato a scrivere canzoni, e da allora non ha mai smesso.

«Alcune persone, quando arrivano a una certa età, ricorrono a un diario per ricordare giorno per giorno il loro passato, ma io non ho taccuini di questo genere. Quel che ho sono le mie canzoni – centinaia –, che però svolgono la stessa funzione.»

Ecco la ragione per cui Sir Paul ha scelto di fare così, di selezionare quei 154 brani e da lì, dai ricordi che via via emergevano ripensando a come e quando li aveva scritti, ha composto un autoritratto che scavalca l’autobiografia e corre via lungo sentieri verdi che tutto rivelano tranne l’autocelebrazione.

Rivelano innanzi tutto l’amore per le parole e per la lettura, che glielo aveva instillato definitivamente (dopo il papà) Alan Durband, il suo professore di inglese al Liverpool Institute High School for Boys, che a sua volta aveva studiato a Cambridge con F.R. Leavis, noto critico letterario inglese dell’epoca.

Una delle cose che ti colpisce, mentre inizi a leggere, è l’umiltà – o chiamala, se vuoi, saggezza – con cui McCartney ricompone la memoria attorno a una delle storie musicali più strabilianti del Novecento. Non c’è traccia di superbia ma, ci pare più forte, il desiderio di condivisione: per i lettori musicisti, tanto meglio se giovani, sarà quantomeno interessante apprendere i dettagli del processo creativo di alcune tra le canzoni e gli album più venduti al mondo, o le influenze che altri grandi musicisti – in primis la musica nera – hanno avuto su McCartney e sui Beatles. 

«Spero che quello che ho scritto mostri ai lettori qualcosa delle mie canzoni e della mia vita che non avevano mai visto prima. Ho provato a dire qualcosa su come nasce la musica, su cosa significa per me e cosa spero possa significare anche per gli altri.»

Il testo più vecchio raccolto nel libro è I Lost My Little Girl, che Paul McCartney scrisse proprio a quattordici anni, subito dopo la morte della madre, portata via da un tumore a quarantasette anni. Ma c’è anche Here Today, la canzone che McCartney scrisse poco dopo la morte di John Lennon. Un’altra canzone d’amore.

«I never really said ‘John I love you man’, I never got round to it. So now it’s great to just realise how much I love this man…»

ha detto McCartney nel corso dell’evento trasmesso in streaming in tutto il mondo dal Southbank Centre di Londra, lo scorso 5 novembre.

The Lyrics, la raccolta senza freni di Paul McCartney

The Lyrics raccoglie le canzoni non in ordine cronologico bensì alfabetico, il primo volume dalla A alla K, il secondo dalla L alla Z, sicché non c’è un inizio e neppure una fine, a ogni giro di pagina è un impatto emozionale inatteso, ti vien da canticchiare Let it be e Yesterday col testo a fronte in originale a sinistra, a destra il narrare coinvolgente di Paul e allora capisci, per esempio, perché è sempre stato un appassionato di Shakespeare, Dickens, Lewis Carroll e delle librerie di Londra.

In principio dunque c’è l’amore di Paul per la mamma Mary, infermiera, e per il papà Jim, rappresentante per una società che importava cotone, pianista dilettante che negli anni Venti suonava in un’orchestrina chiamata Jim Mac’s Jazz Band, che gli hanno insegnato, oltre alla passione per la musica, la bontà e la tolleranza. Di loro non aveva mai raccontato tanto quanto in questo libro. Il loro esempio ha influito e ispirato e accompagnato tutta la sua vita, così come ha fatto Linda Eastman, la Golden Earth Girl, l’amatissima compagna sposata quando i Fab Four si stavano disgregando, anche lei morta troppo giovane di cancro che, dice Paul, è stata la sua musa ispiratrice. Si sposarono nel 1969 e la dolcezza del viso, il sorriso di Linda ritratta in molte delle fotografie incluse nei due volumi, si fa sovrana, accanto alla dolcezza di Paul ritratto coi figli, appena nati o via via più grandicelli, padre affettuoso e felice. Le foto di famiglia raccolte nei due volumi si alternano alle molte altre immagini inedite provenienti dall’archivio personale di McCartney, in una galleria di memorabilia che appaga la curiosità di chi sfoglia: ci sono tanti, vecchi foglietti di quaderno con su scritti a mano i versi e le correzioni delle canzoni sul nascere, ci sono i dipinti di Paul (è sempre stato bravo anche nel disegno, sempre stato attirato dall’arte), le locandine dei concerti, le copertine degli album e pure le lettere dei fan, ai quali Paul McCartney mostra riconoscenza, con quel “tu” in presa diretta al quale si rivolge mentre scrive The Lyrics e racconta senza freni. Spiega per esempio che fin dall’inizio, con quella caratteristica comune di molte delle prime canzoni di avere quasi tutte nei titoli i pronomi personali – Please Please Me, I Want to Hold Your Hand – era sì, indubbiamente, un modo per arrivare a chiunque li ascoltasse.

Ancora adesso, a quasi ottant’anni (li compirà il prossimo 18 giugno), Paul McCartney dice di avere ben a mente che, tra chi ascolta le sue canzoni, ci sono senz’altro persone che non hanno la vita facile. Ed è credibile perché anche le storie leggendarie hanno dolori e risvolti bui che segnano e che restano, anche se poi magari finiscono nel processo creativo e danno vita a magie come Let It Be, scritta in uno dei momenti peggiori e conclusivi della storia dei Fab Four.

Molto di quello che hanno creato i Beatles, sembra suggerirci Paul McCartney, è nato da un’onda, da un flusso immaginifico di meraviglia e di inconsapevolezza per ciò che stavano inventando, con l’ardore di chi non ha paura a far qualcosa per la prima volta, anche se non la sa fare. Era la voglia di far bene la musica, la dedizione con cui Paul e John si mettevano di mattina a scrivere parole e musica insieme e non smettevano finché non finivano, finché tutto non suonava bene. Paul dice che quello accaduto ai Beatles sembra qualcosa di magico. A noi sembra una grande lezione di vita.

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