L’elisir dei sogni | La storia della famiglia Campari

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Redazione BookToBook
26 Feb 2024

Gaspare aveva un sogno: creare qualcosa che non esisteva. Un elisir addirittura, un’alchimia che soddisfacesse i palati, il gusto, il godimento mondano della società del tempo. Che ambizione, si dirà, per un giovane nato povero nelle campagne del Pavese, nelle tasche un semplice diploma di terza elementare. Ma nonostante la durezza della vita che subito assaggia, Gaspare cresce nutrendo quel sogno d’alchimista, lo coltiva nella propria mente incline all’innovazione mentre lavora come cameriere sotto padrone al Bass e al Cambio di Torino, lo progetta nella propria anima disposta al cambiamento quando acquista in proprio il suo primo bar a Novara, il Caffè dell’Amicizia, «un tocco di eleganza torinese trapiantato in provincia» dove incontrerà la donna della sua vita, Letizia. Senza di lei, senza la sua intelligenza e la sua forza, nessun sogno sarebbe stato realizzabile. Gaspare lo avrebbe capito ancor prima che i contorni di quell’ambizione ostinata si disegnassero chiari e netti: capisce che non gli basta inventare un amaro qualunque, le specialità della casa che pure gli han fatto conquistare clienti e notorietà; lui vuole «creare il Bitter perfetto, che vada bene a tutti e a qualsiasi ora del giorno».

Quel sogno Gaspare lo realizzerà nella Milano cosmopolita di fine Ottocento, dove insieme a Letizia aprirà la sua bottiglieria in pieno centro, pochi giorni dopo la nascita del quarto di cinque figli, Davide, il primo bambino a nascere sotto la Galleria Vittorio Emanuele nuova di zecca, l’erede cui il destino assegnerà altri primati oltre a quelli messi a segno dal padre col Bitter e col marchio Campari, drink e insegne disegnate dai futuristi e pubblicizzate in manifesti d’artista, proprio quel liquido rosso sanguigno che rappresenterà uno dei marchi italiani più famosi e riconoscibili al mondo, che a cavallo di due secoli scriverà con l’inchiostro rosso dell’alchimia fatale un capitolo della storia d’Italia nell’aria frizzante, promettente, rivoluzionaria della Milano da bere.

Nella Milano di fine Ottocento nasce l’elisir dei sogni

Vi stiamo insomma parlando della storia dei Campari, una storia che è innanzi tutto l’epopea di una famiglia che ha avuto la lungimiranza di cogliere i segnali di un’epoca sensibile alle novità, che ha saputo mettere a frutto il proprio patrimonio fatto di ingegno, di passione, di fiuto commerciale. Un’epopea familiare avvincente come un romanzo, che romanzo lo è diventato nelle mani di Silvia Cinelli, scrittrice e sceneggiatrice che, dopo aver studiato archivi e documenti, condotto ricerche e consultato storici, accademici, esperti di gastronomia e distilleria, ci consegna L’elisir dei sogni. La saga dei Campari, narrazione evocativa e suadente sullo sfondo della verace Milano ottocentesca, della fondazione di un’impresa familiare, industriale e di costume che appartiene alla cultura degli italiani.

L’elisir dei sogni

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«Quello che mi premeva raccontare in questo romanzo», svela Silvia Cinelli nella nota a fine volume, dove spiega com’è nato il romanzo, «non era tanto il dettaglio di vite le cui tracce si sono perse nei meandri della storia, quanto un’atmosfera, un contesto, un’ascesa imprenditoriale oggettivamente formidabile; e poi una città, Milano, che in quei vivacissimi anni post risorgimentali fu un’irripetibile fucina di creatività e innovazione, l’humus più fertile per far germogliare il talento dei fondatori di uno dei marchi tuttora più riconoscibili nel mondo, da oltre centocinquant’anni sotto gli occhi e il palato di tutti noi. La storia dei Campari è, in definitiva, la storia di un’alchimia, di un incontro fortunato tra un ambiente favorevole e una spiccata intraprendenza individuale».

Chi non conosce il Bitter Campari? In quanti non hanno fatto dell’aperitivo al bar una consuetudine neppure da mettere in discussione? Quale bartender oserebbe non proporre al bancone aperitivi universalmente conosciuti e apprezzati come il Negroni o l’Americano?

«Lo ammetto: fino a un anno fa il nome Campari era per me esclusivamente sinonimo di aperitivi e serate conviviali», continua Silvia Cinelli. «Fino a quando, l’estate scorsa, non mi sono trovata a sorseggiare uno Spritz al bancone di un bar a Milano. Mentre aspettavo che il barman preparasse il mio drink, l’occhio mi è caduto sull’etichetta, ho notato quel nome, Davide Campari, e subito dopo la scritta Milano che campeggiava in rilievo, sopra un simbolo in apparenza araldico. È stato allora che, per la prima volta, mi sono resa conto dell’esistenza di un binomio indissolubile tra il Bitter che mi apprestavo a bere e la città in cui mi trovavo».

La genesi dell’elisir dei sogni

Dal retrobottega della bottiglieria sotto il Coperto dei Figini, a due passi dal Duomo, un giorno del 1863 Gaspare Campari realizza quel sogno, quell’ambizione prende forma quando versa un goccio del suo ultimo preparato a Letizia e aspetta il responso, come fa ogni volta che sperimenta e combina elementi, miscela spezie e fragranze, crea una nuova ricetta che incontrerà il gusto dei personaggi più in vista che frequentano il Caffè Campari, Giuseppe Verdi e Edmondo de Amicis, Filippo Turati e Anna Kuliscioff, Arrigo Boito e Filippo Cavallotti.

Quel giorno del 1863, «un’espressione completamente diversa si disegna sul volto di Letizia, quando il liquore incontra le sue papille. Dopo un primo sorso ne prende un altro, come a essere sicura, spalanca gli occhi e sussurra: “Ci siamo”.

“Lo so” risponde Gaspare con un sorriso che gli riempie tutta la faccia.

Quel sapore insieme dolce e amaro, quel retrogusto erbaceo, di agrumi e chiodi di garofano, è proprio ciò che cercava. Gli ci sono voluti tre figli, una quarantina di ingredienti tra frutti, erbe e spezie, e decine di tentativi, ma finalmente ha trovato la sua pietra filosofale.

È così soddisfatto che ha già pensato a un nome.

“Bitter all’uso d’Hollanda?” ridacchia sua moglie. “Cosa ne sai tu dell’Hollanda?”

“Quasi nulla” ammette lui candidamente. “Però suona esotico, e ai milanesi piacciono le cose esotiche. E poi bisogna allontanarli dall’idea che sia il solito vermouth di Torino. Vedrai, funzionerà.”»

Funzionerà, come testimonia L’elisir dei sogni che, spiega l’autrice, «è un romanzo che racconta una storia realmente accaduta, ma in cui sono stati inseriti elementi di fantasia. Scrivendolo, mi sono data una semplice regola: rispettare con scrupolo date e fatti noti, concedendomi di inventare tutto ciò che non trovava spazio nei documenti ufficiali». Sono veri il contesto storico, le informazioni relative al marchio e all’azienda, così come i nomi e le date di nascita e di morte dei componenti della famiglia Campari e il loro ruolo nell’impresa. «È il racconto delle loro vite private e sentimentali, delle loro emozioni più intime, invece, a essere per lo più frutto d’invenzione. D’altronde queste non sono faccende di cui si possa trovare traccia nelle fonti, ecco perché sono materia non di storiografia ma di romanzo, appunto».

Dopo la morte di Gaspare Campari, la moglie Letizia rileva l’azienda…

È vero, per esempio, l’annuncio che il “Corriere della Sera”, il quotidiano dei milanesi nato da poco, fa sulle sue colonne il 16 dicembre 1882, all’indomani della morte improvvisa di Gaspare Campari. «Per i frequentatori assidui della Galleria è stato ieri un avvenimento la chiusura della bottiglieria Campari, di solito frequentatissima. Gaspare Campari era un uomo che aveva fatta la sua fortuna da sé – un self made man, come dicono gli inglesi». È da qui che prende le mosse la penna di Silvia Cinelli, che sceglie di raccontarci il passato, le fondamenta gettate da Gaspare, attraverso il presente di chi ne raccoglie l’eredità a partire da Letizia, donna di forza e coraggio che alla morte del marito non si lascia piegare dal dolore ma reagisce e, come l’appunto scritto a mano che ritrova nei quaderni dove Gaspare segnava gli ingredienti segreti delle sue bevande, “fortior adversus”, più forte nelle avversità, dice al figlio Davide: «Dobbiamo essere forti, come voleva el tò pà. Devi promettermi che riapriremo il Caffè il prima possibile e che tu farai la tua parte come lui aveva deciso».

 

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Ma non sarebbe narrazione autentica, non sarebbe vera epopea se pure nelle pagine di un romanzo la vita procedesse dritta e lineare senza incontrare ostacoli e imprevisti, svolte improvvise e incaute, aspettative deluse e sfortune, e sarà proprio Davide, quel figlio predestinato a continuare l’opera del padre nonostante quel padre e quel figlio non si fossero mai davvero capiti, a ricordarci le inattese giravolte dell’esistenza, dei giochi del destino, e delle passioni che non sempre ci guidano e ci incoraggiano ma ci confondono e ci ingannano.

Nel racconto di Silvia Cinelli si alternano così personaggi reali a personaggi squisitamente inventati dalla libertà del romanzare, per regalarci voci e figure che arricchiscono il gusto della lettura, come Leda Baroni, altra figura femminile dal fascino indiscusso di cui si innamorerà Davide nel suo viaggio-apprendistato in Francia per affinare le sue conoscenze di liquorista, liberamente ispirata a Lina Cavalieri, chanteuse e soprano di inizio Novecento. ù

«A valle di accurate ricerche», precisa l’autrice, «non esistono notizie certe e dettagliate su amicizie, simpatie politiche, amori ufficiali o ufficiosi dei Campari. Sembra fossero persone abbastanza schive e, pur essendo personaggi noti a Milano, non hanno mai fatto parlare troppo di sé. Senza contare che sono vissuti in un’epoca in cui tra pubblico e privato esisteva ancora una netta linea di demarcazione». E difatti nulla o quasi si sa, dalle fonti storiche consultate da Silvia Cinelli, del grande amore di Davide, quello per Quintilia, altro personaggio indimenticabile della saga dei Campari che la scrittrice fa vivere fin dalle prime pagine con la forza della consapevolezza femminile, con il coraggio della rivendicazione dei diritti delle donne in un’epoca in cui si facevano strada le suffragette, e con l’ardore di un amore duraturo ma, forse, impossibile.

Ci sarebbe molto altro da scoprire sui Campari. La storia che vi abbiamo raccontato fin qui è soltanto l’inizio, perché L’elisir dei sogni ci traghetta ben oltre la Galleria Vittorio Emanuele, attraversa Milano lungo i Navigli per giungere a Sesto San Giovanni (l’attuale headquarter della Campari), travalica il secolo lungo un’epopea che, tra successi e sfide vinte, fama e riconoscimenti, affronterà pure urti e intemperie, strappi e cesure che lasceranno il segno, perché così è la vera vita vissuta, perché, come dirà Davide, «realizzi un sogno e ti accorgi d’un tratto che non sei la stessa persona che l’aveva sognato».

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