Bello Figo: cosa aspettarsi dal suo primo libro, Swag Negro

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Redazione BookToBook
08 Mag 2018

Di cosa parliamo quando parliamo di Bello Figo?

Bello Figo, un profugo dal Ghana (anzi non tanto profugo visto che è arrivato in aereo).

Bello Figo, un negro. Che non può permettersi di dire cose che ai bianchi invece sono consentite.

Bello Figo, il re del Swag.

Bello Figo, la cui unica droga è skopare.

Bello Figo che crede in Dio e prega.

Bello Figo che ha fatto i soldi in Italia. Anche se è negro.

Bello Figo che se ne sta chiuso nella sua tana e lì diventa Trump o Barbara Durso.

Bello Figo che ama la figa bianka e pensa che le donne vadano rispettate.

Bello Figo che sulla sua pelle ha provato il razzismo.

Bello Figo che vede dappertutto l’ironia, anche nella tragedia.

E ride.

Ride. Ride.

È il suo modo di reagire.


Bello Figo: trollo quindi sono

Il testo che segue è scritto dall’autore



C’è chi vede e si sofferma sul lato drammatico delle cose e chi come me ci vede l’ironia.

La vita normale sarebbe pagare l’affitto, ma ci sono tante cose che non sono né normali né giuste, e sono proprio queste assurdità che diventano per me rilevanti, che trovo comiche.

Normale è avere un lavoro, vivere nella legalità.

Ma la gente considera normale anche un vucumprà che fa qualcosa di ingiusto, di illegale (e lo sa benissimo pure lui!). Ecco, situazioni come questa, trasportate nel mio mondo, fanno ridere.

Lo so, è vero: molti sono costretti a fare quello che fanno perché non hanno altre possibilità, ma ciò non toglie che a me questo faccia ridere. Se io beccassi uno che cerca di derubarmi, gli direi: «Che cazzo fai?». Ma lo troverei anche buffo. Nel mio mondo mi diverte.

Non prendo sul serio le cose che molti considerano serie, anzi serissime.

Se entri nel mio mondo le cose serie e gravi diventano buffe e ridicole.

Io parlo delle cose fuori dal normale, se così non fosse non farebbero ridere e non scandalizzerebbero.

Ciò che è normale non attira l’attenzione, perché la normalità non è attraente.

Mi chiedono perché io faccia questo genere di canzoni.

È semplice, non ragiono come tutti gli altri. Io a fare le cose normali non mi diverto! Se facessi canzoni normali, non piacerebbero innanzitutto a me, io cerco le cose eccezionali. La normalità me la vivo a casa. Ma per divertirmi devo uscire dagli schemi.

Gli altri cantano di droga, io di figa. E allora?

A differenza di altri rapper la mia unica droga è la figa, se me la dà, se vuole.

Non mi faccio mai niente, non bevo, non fumo, non mi drogo.

Io insceno il ritmo del fare sesso, anche attraverso la modulazione della voce.

Dopo aver fatto le prime voci (e registro minimo cinque volte per ottenere il risultato che voglio), cantando mi creo una realtà, entro nella scopata, o nella realtà del profugo come in Non pago affitto.

Mi calo nel personaggio. E io ne ho fatti tanti, e ogni volta mi sono sentito così: da Trump a Totti alla De Filippi…

La canzone spacca perché attraverso il movimento del corpo e della voce cerco di riprodurre tutte le sensazioni che provo nella realtà che sto descrivendo.

Quando canto, soprattutto quando faccio le seconde voci, vado in trance, non mi controllo più. Ti coinvolgo (se vuoi) e, quando la canzone finisce, io stesso provo un senso di straniamento.

“Dove cazzo ero?” mi dico, come se uscissi da un sogno. Se vuoi tornare a skopare, te la rimetti, altrimenti… pausa sigaretta! È importante la pausa sigaretta… Ah, la canzone di cui parlo non è ancora uscita, la sto scaldando… è una bomba!

Per approfondire