Tutta la luce che non vediamo di Anthony Doerr diventa una serie Netflix

Scritto da:
Redazione BookToBook
11 Dic 2023

Tutta la luce che non vediamo, la nuova serie tv lanciata da Netflix il 2 novembre e liberamente tratta dall’omonimo romanzo di Anthony Doerr vincitore del premio Pulitzer nel 2015, non è una semplice trasposizione su pellicola di una storia creata dalla penna e dalla fantasia di uno degli scrittori più acclamati a livello mondiale, tradotto in più di quaranta lingue. Ha a che fare con ciò che riesce a dire di autentico e di emozionante la letteratura quando la letteratura si fa interprete, sognante sì ma fedele, della condizione dell’umanità su questa Terra, quando la letteratura si fa veicolo nobile di messaggi universali di vera e audace speranza e di fiducia nella capacità della parte buona dell’umanità di combattere la malvagità, l’intolleranza, l’indifferenza.

Tutta la luce che non vediamo

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Perché la storia narrata da Anthony Doerr nel romanzo (in libreria per Rizzoli, come gli altri suoi libri) s’è poi fatalmente incrociata con la storia dell’attrice che nella serie tv interpreta la protagonista, Marie-Laure, una giovane ragazza cieca che col padre Daniel fugge da Parigi occupata dai nazisti durante la Seconda guerra mondiale per rifugiarsi a Saint-Malo, nella casa del prozio Etienne. A dar loro la caccia sarà il nazista Reinhold von Rumpel (interpretato da Lars Eidinger), deciso a trovare il prezioso e forse magico diamante che Daniel ha portato con sé da Parigi.

Ebbene, se, oltre a vincere il Pulitzer per la Letteratura e la prestigiosa Carnegie Medal, ai tempi il romanzo aveva riscosso un successo impressionante non soltanto di critica ma anche di pubblico, rimanendo in classifica dei bestseller del “New York Times” per oltre 200 settimane dall’uscita e vendendo milioni di copie in tutto il mondo, con la serie tv ha ribadito la potenza dei suoi personaggi, a partire appunto dalla storia della protagonista. Perché qui entra in scena l’altra storia, altrettanto potente e toccante, che riguarda l’attrice stessa, Aria Mia Loberti.

Dal romanzo allo schermo, Tutta la luce che non vediamo è una storia toccante

Come spiega Shawn Levy, showrunner di meritata fama (tra le serie e i film più famosi, Stranger ThingsFree Guy, The Adam Project e il thriller candidato all’Oscar Arrival) che ha diretto la mini-serie tv prodotta da 21 Laps e ha scritto la sceneggiatura insieme con Steven Knight,

«volevo che Marie fosse interpretata da una giovane attrice cieca, che potesse veramente mettersi nei suoi panni. È stato un dettaglio prezioso, una sfumatura che ha fatto la differenza in ogni singolo fotogramma della serie», racconta il regista, che il settembre scorso al Toronto Film Festival ha ricevuto il Norman Jewison Career Achievement Award ai TIFF Tribute Awards. Dopo aver scelto Nell Sutton, giovanissima attrice esordiente non vedente per interpretare la protagonista da bambina, la produzione ha lanciato un casting internazionale per il ruolo da adulta. «L’abbiamo cercata in tutto il mondo, ci sono arrivati migliaia di video; tra questi c’era un’assoluta rivelazione. Era la sua prima audizione, non aveva mai fatto l’attrice, era una studentessa. Ha inviato il provino e mi ha colpito. Più passava il tempo e più mi ripetevo: lei è quella giusta. Così ho chiamato Aria».

Prima di essere contattata da Levy, Aria Mia Loberti, lettrice appassionata di Doerr, aveva già letto Tutta la luce che non vediamo e dunque, sollecitata da una sua ex insegnante di scuola, aveva deciso di partecipare al casting.

«Ero entusiasta nel vedere con quanta premura Shawn volesse raccontare quella storia», ha raccontato Aria Mia Loberti dopo la conclusione delle riprese, che l’hanno vista impegnata a fare di Marie «il ritratto autentico di una ragazza che cresce e si trasforma in una donna, cieca. Un tema importante da portare sullo schermo. È stato incredibile lavorare con un cast così straordinario, non sono stata accolta come una principiante, ma come qualcuno che era lì per creare qualcosa di potente e speciale. È raro che un cieco abbia un’opportunità simile, i personaggi ciechi vengono interpretati dai vedenti».

Racconta con un sorriso Mark Ruffalo, che interpreta Daniel, il padre di Marie: «Sono un po’ invidioso, mi ci sono voluti trent’anni per arrivare dove lei è arrivata in due settimane».

Il nuovo romanzo di Anthony Doerr è un’ode ai librai e ai bibliotecari

Fuggita da Parigi insieme al padre, così come centinaia di altri cittadini francesi interpretati nella serie tv da veri rifugiati ucraini, a Saint-Malo, una gemma sulla costa della Bretagna stravolta dal conflitto, Marie comincerà a diffondere messaggi clandestini via radio, istruita dallo zio Etienne (interpretato da Hugh Laurie).

«In questi tempi di stupida oscurità, di uomini che invadono Paesi, ho pensato che potrei ricordare che la luce dura in eterno mentre l’oscurità non arriva a durare nemmeno un secondo quando accendete la luce», è il primo messaggio che rimbomba nella notte, nel primo dei quattro episodi della serie Netflix tratta da Tutta luce che non vediamo.

 

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In esergo del romanzo, Anthony Doerr riporta una dichiarazione di Joseph Goebbels, gerarca nazista e ministro del Reich per la Propaganda:

«Non ci sarebbe stato possibile prendere il potere, né usarlo come l’abbiamo usato, senza la radio».

Quel messaggio di Marie arriverà a destinazione, ascoltato da Werner, un adolescente brillante con la passione fin da bambino per le radio; ha un talento naturale, precoce, nel costruire e riparare lo strumento di guerra più strategico e, pertanto, verrà arruolato dal regime di Hitler per rintracciare le trasmissioni illegali della Resistenza. Le vite di Marie e di Werner si incroceranno nell’estate del 1944, sotto le bombe.

«In un angolo della cittadina, al quinto e ultimo piano della casa alta e stretta al civico 4 di rue Vauborel, una sedicenne cieca di nome Marie-Laure Leblanc sta inginocchiata dinanzi a un tavolino interamente ricoperto da un plastico», si legge nelle prime pagine del romanzo di Anthony Doerr. Il padre Daniel ha insegnato alla figlia a muoversi e a orientarsi costruendole dei modelli in miniatura degli ambienti, delle strade, del mondo in cui vive. «Il plastico è una miniatura della stessa cittadina in cui Marie-Laure si trova inginocchiata, e contiene le riproduzioni in scala delle centinaia fra case, botteghe e alberghi racchiusi entro le sue mura. C’è la cattedrale con la guglia traforata, c’è il vecchio, massiccio castello di Saint-Malo, ci sono le belle case allineate sul lungomare trapunte di comignoli».

«Aria riesce a dare al personaggio spessore, profondità e verità», dice Luis Hofmann, che interpreta Werner.

«Cinque traverse più a nord il soldato semplice tedesco Werner Pfennig, che ha diciott’anni e i capelli candidi, viene svegliato da un brusio fioco e intermittente: poco più forte delle fusa di un gatto, come mosche che sbattono contro una finestra lontana. Dove si trova? L’odore dolciastro, lievemente chimico, del lubrificante per armi; il legno grezzo delle casse per munizioni appena inchiodate; il sentore di naftalina delle coperte vecchie: è nell’albergo. Certo, l’Hôtel des Abeilles, l’Hotel delle Api. È ancora notte. È ancora presto. Dalla parte del mare provengono sibili ed esplosioni; è partita la contraerea».

Lirico e malinconico, Tutta la luce che non vediamo è un romanzo che, pur ambientato in un preciso, tragico momento della storia dell’umanità, in realtà non ha tempo né confini, continuando a parlarci della brutalità di tutte le guerre, del bene e del male, dell’avidità e della generosità, e di quei lampi di luce che possono illuminare e cambiare la vita delle persone quando è l’amore a guidarle, pur nell’oscurità. Come ci insegna Marie-Laure:

«Con sedici passi si va alla fontanella dell’acqua, con sedici si torna. Quarantadue fino alle scale, quarantadue indietro. Si disegna cartine in testa, svolge cento metri di filo immaginario, poi si gira e lo riavvolge. Botanica sa di colla, carta assorbente e fiori pressati. Paleontologia sa di polvere di roccia e polvere d’ossa. Biologia sa di formalina e frutta troppo matura; è piena di pesanti vasi freschi al tatto in cui galleggiano cose che a lei hanno solo descritto: serpenti a sonagli arrotolati in pallide funi, mani mozzate di gorilla. Entomologia sa di olio e antitarme: un conservante, le ha spiegato il dottor Geffard, che si chiama naftalina. Gli uffici sanno di carta carbone, o fumo di sigaro, o brandy, o acqua di colonia. O tutt’e quattro. Marie-Laure segue cavi e tubature, funi e ringhiere, siepi e marciapiedi. Coglie la gente di sorpresa. Non sa mai se la luce è accesa o spenta. I bambini che incontra traboccano di domande: fa male? Per dormire li chiudi, gli occhi? Come fai a sapere che ore sono? Non fa male, spiega lei. E non è un buio, non come lo immaginano loro».

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