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Le prime donne alle Olimpiadi e le loro storie incredibili

Ogni atleta deve combattere contro i propri limiti, ma le prime donne alle olimpiadi hanno dovuto combattere anche i limiti altrui: quelli famigliari, quelli sociali e quelli religiosi.

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Tra le prime donne alle Olimpiadi ci sono ribelli, fenomenali talenti e signore perseveranti. A raccontare molte delle loro storie è Toni Padilla con L’atlante dei sogni olimpici.

 

La prima donna alle Olimpiadi: antiestetica, inappropriata?


Hélène de Pourtalès (Svizzera)
Vela, Parigi 1900 

Aveva trentadue anni Hélène de Pourtalès quando vinse una regata alle Olimpiadi dell’anno 1900. Era parte di un team misto formato da suoi parenti.  “A metà tra sport e spettacolo, fu la prima Olimpiade a cui poterono partecipare le donne, nonostante l’opposizione di de Coubertin che sosteneva che «con le donne i Giochi saranno antiestetici e inappropriati». Non portò però a casa alcuna medaglia, dato che ancora non venivano consegnate. Quella fu la prima e l’ultima volta in cui Hélène de Pourtalès scelse di partecipare alle Olimpiadi.

Le prime donne alle Olimpiadi: campionesse per caso

Patricia McKillop (Zimbabwe)
Hockey su prato, Mosca 1980

Patricia McKillop si occupava della casa e dei figli, praticando per diletto l’hockey su prato in un club. Siamo nel 1980, possiamo immaginarla intenta a preparare la colazione ai bambini quando le arriva una chiamata, è la moglie del neo-eletto Presidente Mugabe che le chiede di partecipare alle Olimpiadi di Mosca per lo Zimbabwe.

In questa edizione dei giochi l’hockey su prato si apre per la prima volta ai team femminili. “In un Paese in cui il 90% della popolazione era di colore, il 100% della squadra era composto da donne bianche che non avevano mai preso lo sport sul serio, e, improvvisamente, si imbarcavano per Mosca”. Le signore in tailleur celeste e capello corto in piega, partirono su aereo cargo usato per trasportare la carne, da Harare alla volta di Mosca. E le Golden Girls vinsero. Lo Zimbawbe allora non aveva ancora un inno ed era già sul podio olimpico: suonarono la Nona di Beethoven.

Le prime donne alle Olimpiadi: le bambine del Marocco

Nawal El Moutawakel, Marocco
400 a ostacoli, Los Angeles, 1984

Si allenava con i fratelli sulla spiaggia di Casablanca da bambina, il padre tracciava sulla sabbia il traguardo. Erano gli anni Settanta e nel Paese i club non accettavano donne, ma trovò un allenatore francese ammirato dal suo talento. Nel 1983 con la corsa a ostacoli vinse i Giochi del Mediterraneo e i suoi genitori diedero una grande festa, alla quale nessuno partecipò perché una sportiva a gambe nude era una vergogna. L’anno seguente, alle Olimpiadi di Los Angeles divenne la prima donna mussulmana a vincere un oro olimpico. Re Hassan II si congratulò: «Siamo molto orgogliosi di te, tutto il Paese è impazzito». Nawal diede nome a un’intera generazione, perché Hassan II decretò che tutte le bambine nate il giorno in cui vinse l’oro avrebbero dovuto chiamarsi come lei.

L’Atlante dei Sogni Olimpici

Tra le 34 storie incredibili di campioni e campionesse che non hanno mollato mai, Toni Padilla racconta le vicende di molte altre donne.

Il mito di Nadia Comăneci, la ragazzina prodigio della ginnastica. Una rifugiata alle Olimpiadi, Yolande Bukasa Mabika (Repubblica Democratica del Congo) a Rio de Janeiro 2016.  La spada più famosa del Messico, María del Pilar Roldán ai Giochi del Messico nel 1968. La prima donna saudita a partecipare alle Olimpiadi, abbattè un muro sul tatami, Wojdan Ali Seraj Abdulrahim Shahrkhani, Londra 2012. L’ebrea elegante che non si lasciò vincere ai cosiddetti Giochi dell’austerità nel 1948, l’ungherese Ilona Elek-Schacherer. L’amore contro la Guerra Fredda alle Olimpiadi di Melbourne del 1956, la ceca Olga Fikotová. Le indomite australiane del nuoto, Fanny Durack e Mina Wylie nell’anno 1912.