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Francesca Neri: malattia e carne viva

Una malattia tiene Francesca Neri lontana dal cinema da tempo. L’attrice racconta di come un dolore persistente come un chiodo la abbia strappata al lavoro. Oggi sta bene, sta molto meglio, racconta. E ha scelto di dire tutto in un libro, Come carne viva.

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Francesca Neri e la malattia

La malattia di Francesca Neri provoca un dolore pelvico che sembra non placarsi mai, percepito come costante giorno e notte.

L’attrice deve fermarsi, la donna cercare una cura. Non esce più di casa, si alletta, le difese immunitarie si abbassano e di conseguenza arrivano le complicazioni.

La malattia di Francesca Neri ha un nome, cistite interstiziale, ed è una patologia femminile (nella quasi totalità dei casi) che colpisce donne di ogni età. Un’infiammazione cronica con mille risvolti psicologici, che ti costringono a fermare tutto, anche una brillante carriera.

La carriera

Il volto lo conosciamo bene, non si fa dimenticare, nemmeno dopo anni di assenza: occhi di ghiaccio, un grande sorriso elegante. Ha recitato per Bigas Luna, Pedro Almodovar, Pupi Avati, Giuseppe Bertolucci, Carlo Verdone e, allora aveva 27 anni, con Massimo Troisi. Ha scandalizzato il pubblico e lo ha fatto ridere, piangere.

Le età di Lulù mi aveva reso un’attrice: non  ero più emergente, non ero una promessa. (…) Ho avuto la  fortuna di poter scegliere, e che tra le proposte ci fosse  quella perfetta. Pensavo fosse amore… invece era un  calesse era l’esatto opposto dell’Età di Lulù.

Il corpo dell’attrice

Francesca Neri decrive il suo lavorare nel cinema come “stupefacente, potente, bellissimo”. Come rinunciare a tutto questo? Perché fermare la carriera solo per un mal di schiena, l’insonnia e una serie di disturbi fisici e da stress? E così l’attrice tira dritto per moltissimi anni, incurante dei segnali del corpo.

Francesca Neri si sdoppia a lungo, da una parte il corpo, dall’altro l’attrice. “In fin dei conti sei un attore, un’attrice, sei in grado di recitare, di interpretare una parte, figuriamoci la tua”.

Se siamo disposti a imparare da loro, i corpi possono esserci guide e maestri.

Aggiunge Francesca Neri: “Ci ho messo  una vita ad accettarlo e tre anni di malattia a farmene  una ragione, ma oggi finalmente sono passata oltre e  so che se non ascolto il mio corpo mento a me stessa.  Disconosco la mia essenza.  Non ho più l’età, per questo. E poi non ne vale la  pena”.

L’accettazione della malattia

“La nostra cultura tende a considerare l’accettazione un atteggiamento passivo, invece è un viaggio – un
movimento attivo. È passiva la rassegnazione di chi mi compiange: «Non fai più cinema, che dispiacere». L’accettazione è attiva, è la presa d’atto di una volontà”.

Questi tre anni di malattia non sono stati anni vuoti. Affatto. Nel guscio delle mie stanze, protetta
dagli occhi e dagli orecchi altrui, ho rivoluzionato la mia vita.

“Prima avevo percorso il periplo del mondo; in questi mille giorni ho percorso in lungo e in largo me stessa.
Prima ero convinta che spostarmi mi avrebbe dato nuovi punti di vista; dopo sapevo che, per cambiare punto di vista, dovevo per forza cambiare occhi”.