Scolpiti sulla pietra, indelebili nella memoria, nei secoli e nei millenni i dieci comandamenti hanno ispirato il pensiero religioso e filosofico, la letteratura e l’arte, il cinema e la musica. Studiati sui testi sacri o sui banchi di scuola, imparati a memoria o citati nella quotidianità delle nostre vite, hanno interrogato e continuano a interrogare popoli e generazioni sulla vita buona, sulla condotta virtuosa. Se i precetti dell’Antico Testamento sono la rappresentazione del giusto, della via del bene e a dettarli, per tradizione, è una voce maschile, una nuova serie edita da Rizzoli, Dieci comandamenti, racconta in modo nuovo e attuale il decalogo, partendo dal punto di vista femminile e della letteratura come strumento di interpretazione del mondo moderno e dei suoi rapporti di potere.
La collana raccoglie dieci romanzi brevi firmati da grandi scrittrici che, attraverso i loro sguardi, rielaborano il messaggio dei Comandamenti guardando alla società e all’umanità di oggi. Partner di Rizzoli, anima editoriale del progetto, è Anele, società di produzione fondata nel 2013 da Gloria Giorgianni che gestisce i diritti audiovideo della collana.
Quali sono i primi titoli della serie “Dieci comandamenti”?
A inaugurare l’iniziativa editoriale arrivando in libreria il 22 aprile sono i primi tre volumi: L’hotel del tempo perso di Ilaria Gaspari, che si ispira al settimo comandamento, “Non rubare”; La bambina che vola di Dacia Maraini, che ci regala una sorta di favola sul primo comandamento, “Non avrai altro Dio all’infuori di me”, e Sabbie mobili di Veronica Raimo, che costruisce un racconto attorno al quarto comandamento, “Onora il padre e la madre”.
La serie sarà completata nei mesi a seguire dai romanzi di: Ritanna Armeni sul nono comandamento, “Non desiderare la donna d’altri”; Camilla Baresani sul secondo comandamento, “Non nominare il nome di Dio invano”; Federica Bosco sul terzo comandamento, “Ricordati di santificare le feste”; Teresa Ciabattisull’ottavo comandamento, “Non dire falsa testimonianza”; Viola Di Grado sul quinto comandamento, “Non uccidere”; Jennifer Guerra sul sesto comandamento, “Non commettere atti impuri”, e Lidia Ravera sul decimo comandamento, “Non desiderare la roba d’altri”.
L’hotel del tempo perso parla del furto di tempo
Autrice di L’hotel del tempo perso, Ilaria Gaspari è nata a Milano e ha studiato Filosofia alla Scuola Normale Superiore di Pisa e alla Sorbonne di Parigi, dove torna spesso. Ed è proprio durante una giornata trascorsa a Parigi che la scrittrice, «concedendomi di perdere un po’ di tempo, avevo riscattato il dispiacere per il tempo che negli anni mi ero fatta rubare», scrive sulle pagine del magazine “F”. «Il furto di tempo – che avevo permesso al mondo di perpetrare ai miei danni, come mi era stato insegnato, com’è stato insegnato a tante generazioni di donne – mi è apparso allora in tutta la sua gravità. Quando, qualche settimana dopo quel giorno perfetto, mi è stato proposto di scrivere un racconto su uno dei dieci comandamenti, ho scelto il settimo, “Non rubare”: e ho saputo all’istante che avrei scritto un giallo. Sul furto più grave di tutti, il furto di tempo».
L’hotel del tempo perso è un giallo a tinte filosofiche ambientato in un vecchio albergo di una località nota per le sue sorgenti termali punteggiata da palme dal nome quanto mai esotico, Tauro Pigro. È qui, tra i tappeti polverosi e i mobili di mogano tarlati dell’hotel scena del racconto che giungeranno in cerca di un rifugio, di una fuga o di chissà cos’altro, i dieci ospiti protagonisti creati dalla penna di Ilaria Gaspari.
«Esistono al mondo luoghi in cui il tempo si ferma. E, prima o poi, anche chi ha corso all’impazzata tutta una vita si imbatte in un posto del genere. Succede.»
Così è qui che si ritrovano gli ospiti: la Marchesa d’Arganville, titolo e nome falsi; la bibliotecaria Elda Catoni, nubile con pervicacia; il professor Marino Loffi, storico dell’arte che detesta i giovani; Davide Garrisi, parrucchiere per signora; Pierpaolo Pierozzi e Sandra Torvaia, sposati da oltre trent’anni; la timida organizzatrice di eventi Viola Vaneschi e la sua capa Angela Farandola; l’architetto discreto seduttore Daniele Langoni; lo scrittore senza successo Riccardo Manzetti e, infine, il concierge Espedito, capace di fredda spietatezza nei confronti degli ospiti, e la sorniona governante Matelda. Inutile dire che, in questo giallo dalle perfette atmosfere alla Agatha Christie, cominceranno a succedere strane cose appena dopo l’arrivo degli ospiti, e il sospetto che tutti loro non si trovino lì per caso crescerà via via nella mente delle lettrici e dei lettori, insieme ai misteri e ai segreti che ognuno nasconde.
Dacia Maraini racconta il primo Comandamento: “Non avrai altro Dio all’infuori di me”
Fra le scrittrici italiane più lette al mondo, per la nuova collana di Rizzoli Dacia Maraini ha reinterpretato il primo comandamento con gli occhi e la voce di una giovanissima ragazzina indomita, La bambina che vola, che appare una sera a Sara, un’artigiana che scolpisce il legno per farne giocattoli e che vive nella sua solitudine dopo che il marito l’ha lasciata per una donna più giovane. I soldatini, le bambole, i trenini e gli animaletti che prendono vita dalle sue mani, mestiere ereditato dal padre taglialegna, abitano le sue giornate.
«Una notte in cui stentavo ad addormentarmi e stavo fra il sonno e la veglia ho visto una bambina dai grandi occhi curiosi che mi è venuta incontro con passo deciso. Ho notato che aveva il collo lungo, mi ha fatto pensare a un ritratto di Modigliani. Le sue donne, chissà perché, hanno sempre un collo lungo e diafano.
Ecco, quella bambina dal collo lungo si è seduta sul bordo del letto e mi ha raccontato che di notte lei parla con un certo Signore che sta nei cieli. Ho pensato che fosse un poco farfallina nei suoi incontri notturni. Il signore dei cieli? E chi sarebbe? E lei mi ha risposto con sfrontatezza: “Parlo con Dio”.»
Nell’intervista di Simonetta Scandivasci per “la Stampa” il giorno dopo l’annuncio della morte di papa Francesco, Dacia Maraini ha ricordato il Santo Padre la cui forza speciale, secondo la scrittrice, è stata «emozionare. Ci riusciva perché non parlava il linguaggio ecclesiale, ma quello casalingo e confidenziale. Non usare il burocratese della chiesa è stata una precisa e felice scelta stilistica. Qualcuno lo considerava sciatta, invece per me ha dato un segno di grande profondità». Ed è forse anche per questo che nel suo racconto per la nuova collana Rizzoli incentrato sul comandamento “Non avrai altro Dio all’infuori di me”, Dacia Maraini ha scelto di dare voce a una bambina e a un dialogo sognante, onirico, illuminante tra due figure femminili che ribadisce la forza del racconto e dell’ascolto della propria interiorità: «L’unicità della sacralità è un tema importantissimo. Ci sono diverse religioni e altrettante divinità: è mai possibile che soltanto una sia quella giusta? È una domanda importante, e mette in discussione la Storia: io l’ho affidata a una bambina».
Veronica Raimo esplora il quarto comandamento: “Onora il padre e la madre”
È un bambino anche il protagonista di Sabbie mobili, una storia potente sul quarto comandamento, “Onora il padre e la madre”, un racconto inaspettato che lascia il segno tra le pagine scritte da Veronica Raimo, scrittrice e traduttrice nata a Roma nel 1978, autrice di diversi romanzi tra cui Niente di vero, con cui ha vinto il Premio Strega Giovani e il Premio Viareggio Rèpaci.
È un’infanzia dolente e commovente quella che Veronica Raimo ci racconta nel volume appena arrivato in libreria nella collana Rizzoli Dieci comandamenti, un’esistenza ai margini della società e al confine tra reale e surreale, dove l’osannata sacralità della famiglia si scontra con l’asprezza delle vite condannate all’inquietudine e all’abbandono, dove la potenza della finzione narrativa evoca e riecheggia l’imperscrutabilità delle storie vere di cronaca nera che ci narrano i giornali.
Il piccolo protagonista, di nove anni appena, è stato abbandonato dal padre, un fantasma di cui non sa nulla, di cui non ha nemmeno una fotografia. «Sono brutte bestie i ricordi», lo ammonisce la madre, «non devi mai ricordare». Vivono in una casa in cui gli esseri umani non sono i benvenuti, «ma tutte le altre creature sì. Nel legno vivevano i tarli, negli armadi le tarme, sul soffitto i ragni, d’estate svolazzavano le farfalline, d’autunno ronzavano le mosche, e una volta avevo passato il pomeriggio in compagnia di uno scorpione che attraversava la vasca da bagno come fosse un piccolo deserto smaltato.
Visto che non eravamo abituati ad avere ospiti in casa, io non sapevo come comportarmi. E nemmeno mia madre. Che bisognava dire? Che bisognava fare? Qual era il galateo?».
Di domande ne avrebbe avute tante, il piccolo, ma nessuna risposta. La mamma non può dargliele, invischiata com’è nelle proprie più o meno invisibili sabbie mobili, che siano le lenzuola del letto dove si rifugia di notte e di giorno o gli incubi da cui fugge inghiottendo gocce su gocce del suo “aiutino”.
A lui non piace affatto quando sua madre gli chiede «che vuoi fare da grande?». È una domanda a cui non sa rispondere, va a scuola solo perché costretto da due signorine gentile che un giorno sono arrivate a casa sua e gli hanno detto, nonostante il parere contrario della madre, che lui invece a scuola deve andarci.
Quando sua madre gli chiedeva che vuoi fare da grande?, lui alzava le spalle e rimaneva zitto. Lei si stufava di aspettare e se ne tornava a letto.
«A volte mia madre si dimenticava proprio di avermi chiesto qualcosa, allora lasciava vagare lo sguardo, sorpresa di trovarsi in quella casa, in quella stanza, di fronte a quel bambino. Cioè di fronte a me. Poteva trascorrere una buona mezz’ora in uno stato di meraviglia. Le battevo le mani davanti alla faccia, niente. Imbambolata. Cucù! Niente.»