Le più belle frasi di M Train, di Patti Smith

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Redazione BookToBook
10 Giu 2016

Un viaggio in diciotto stazioni a bordo del treno della mente di un’artista leggendaria: M Train parte dal Café ’Ino, il minuscolo caffè del Greenwich Village dove ogni mattina Patti Smith ordina una tazza di caffè nero, pane integrale tostato e un piattino di olio d’oliva. Seduta al suo solito tavolo d’angolo, medita sul mondo com’è e come è stato, e ne scrive sul suo taccuino.

Attraverso una prosa che scivola tra sogno e realtà, tra passato e presente, arriviamo in Messico, a Casa Azul, residenza e tomba di Frida Kahlo, a Berlino, alla conferenza di una misteriosa società di esploratori dell’Artide, a Rockaway Beach, dove Patti Smith comprò una casa abbandonata in riva al mare poco prima che l’uragano Sandy si abbattesse su New York, fino alle tombe di Genet, Plath, Rimbaud e Mishima.

A scandire il cammino, le fotografie scattate da Patti Smith con l’inseparabile Polaroid. Alle tappe di questo viaggio insieme reale e onirico si intrecciano le riflessioni sul mestiere dell’artista e sulla creazione artistica, ma anche i ricordi degli anni trascorsi in Michigan e della perdita irrimediabile del marito, il musicista Fred Sonic Smith.

Ne deriva una collezione di storie vere, viaggi, passioni – il caffè e i telefilm polizieschi –, memorie, meditazioni sulla letteratura e sulle ossessioni letterarie più profonde: un libro potente e toccante, che ci porta dritto al cuore di una tra gli artisti più straordinariamente poliedrici dei nostri giorni.

«Le mie mani sono vuote come le pagine del mio diario. Non è così facile scrivere del nulla. Parole colte da una voce fuori campo in un sogno più avvincente della vita. Non è così facile scrivere del nulla: lo scarabocchio ancora e ancora su una parete bianca con un gessetto rosso.»

«Ho sempre odiato i punti non chiariti delle storie. Le frasi sospese, i pacchetti rimasti chiusi o un personaggio che sparisce misteriosamente, come un lenzuolo solitario su una corda del bucato prima di un vago temporale, lasciato a penzolare nel vento fino a quando quello stesso vento non lo trascina via a diventare la veste di un fantasma o la tenda di un bambino.»

«Mi dà un fastidio notevole quando in un libro o in un film qualcosa di apparentemente insignificante resta irrisolto: inizio a fare avanti e indietro cercando indizi o desiderando un numero da chiamare o qualcuno cui poter scrivere una lettera. Non per lamentarmi: solo per chiedere chiarimenti o qualche risposta, così da potermi poi concentrare su altro.»

«”Mamma”, ho detto ad alta voce e l’ho immaginata che di colpo interrompeva quello che stava facendo, spesso al centro della cucina, e a sua volta chiamava sua madre, che aveva perso a undici anni. Com’è che non capiamo mai del tutto l’amore per qualcun altro fin quando non c’è più?»

«Sono andata di sotto a guardare file di libri, disperatamente incapace di sceglierne uno. Mi sento come una primadonna, in un guardaroba stracolmo di vestiti, che non ha nulla da indossare. Come potrei non aver nulla da leggere? Forse non era mancanza di libri ma mancanza di fissazioni.»