BookToBook Magazine – il Blog di Rizzoli Libri

Il nuovo romanzo di Anthony Doerr è un’ode ai librai e ai bibliotecari

«Piovono dal cielo al crepuscolo. Scavalcano in volo i bastioni, fanno le piroette sui tetti, sfarfallano nei dirupi tra le case, lampi bianchi sull’acciottolato di intere vie sommerse dal turbine. Messaggio urgente per gli abitanti di questa città, dicono. Dirigetevi immediatamente in aperta campagna. La marea monta. In cielo pende una luna piccola, gialla e gobba. Sui tetti degli alberghi del lungomare e nei giardini retrostanti, dal lato orientale, cinque o sei unità d’artiglieria americane infilano bombe incendiarie nelle bocche dei mortai.»

Con questo incipit Tutta la luce che non vediamo di Anthony Doerr vinceva nel 2015 il premio Pulitzer per la Letteratura e la Carnegie Medal. È rimasto nella classifica dei bestseller del “New York Times” per oltre 200 settimane, vendendo più di 4 milioni di copie. A breve sarà sugli schermi nella mini serie tv prodotta da Netflix e 21 Laps, scritta da Steven Knight (Peaky Blinders) e diretta da Shawn Levy (Stranger Things, Free Guy, Shadow and Bone). Nel cast ci saranno Mark Ruffalo, Hugh Lauri e, nel ruolo della giovanissima protagonista, Aria Mia Loberti, alla sua prima esperienza cinematografica. Scelta da Levy dopo migliaia di audizioni e candidate, Aria Mia Loberti è una lettrice appassionata di Doerr, aveva già letto il romanzo e ha deciso di partecipare al casting sollecitata da una sua ex insegnante di scuola. Aria Maria è cieca, come Marie Laure, la protagonista di Tutta la luce che non vediamo.

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Anthony Doerr e il premio Pulitzer del 2015

Marie-Laure Leblanc è una sedicenne cieca che col padre è fuggita da Parigi per rifugiarsi a Saint-Malo. Nelle prime pagine la troviamo di notte nella casa del prozio che li ospita: «Il bastone da passeggio è ritto in un angolo; il grosso romanzo in Braille attende sul letto a faccia in giù. Il frastuono degli aeroplani cresce». Cinque traverse più a nord, nell’Hôtel des Abeilles trasformato in una fortezza da un distaccamento di artiglieri austriaci, c’è il soldato semplice tedesco Werner Pfennig, diciott’anni, è cresciuto in un orfanotrofio ed è cieco. Scopre di avere un talento naturale nel costruire e riparare uno degli strumenti strategici in guerra, la radio, e per questo motivo viene prima ammesso all’Accademia della Gioventù hitleriana e poi reclutato in missione dall’esercito. È ancora notte quando leggiamo per la prima volta di lui, «dalla parte del mare provengono sibili ed esplosioni; è partita la contraerea».

Gli opposti destini di Marie-Laure e di Werner si incroceranno nell’estate del ’44 sotto le bombe della Seconda guerra mondiale. Le sirene antiaeree parevano allora a noi lettori un’eco lontana. Oggi non più. Adesso la guerra è vicina e reale tanto quanto lo è la letteratura quando narra del periglioso viaggio dell’umanità lungo i secoli e i millenni, attraverso i quali ci conduce La città fra le nuvole, il nuovo maestoso romanzo del pluripremiato scrittore americano appena pubblicato da Rizzoli, un inno e un omaggio ai libri e alle biblioteche patrimonio dell’umanità, insostituibili testimoni della storia e del coraggio di chi lotta per la libertà e per la salvezza, custodi della memoria per le generazioni future.

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Anthony Doerr: «Ho cercato di creare un mosaico di luoghi ed epoche che rifletta le nostre varie interconnessioni»

«Per i bibliotecari allora, adesso e negli anni a venire» è la dedica che Anthony Doerr ha voluto apporre in esergo a La città fra le nuvole.

«Il mondo che consegniamo alle generazioni future trabocca di sfide: instabilità climatica, pandemie, disinformazione», ha spiegato lo scrittore che, nato e cresciuto a Cleveland, in Ohio, oggi vive a Boise, in Idaho, con la moglie e i due figli. Le sue opere sono tradotte in oltre quaranta Paesi, in Italia sono pubblicate da Rizzoli (con la traduzione di Daniele A. Gewurz e Isabella Zani); nella collana Bur Contemporanea sono disponibili Il collezionista di conchiglie e A proposito di Grace.

«In questo libro», spiega ancora Doerr a proposito de La città fra le nuvole, «ho voluto riflettere su queste problematiche, ma anche offrire significative speranze. Ho cercato di creare un mosaico di luoghi ed epoche che rifletta le nostre varie interconnessioni: con le altre specie, tra le persone, con quelli che ci hanno preceduto e con quanti arriveranno dopo di noi. La città fra le nuvole è un’ode ai librai, grandi o piccoli che siano, e alla straordinaria capacità della nostra “specie” di trasmettere storie di generazione in generazione».

Martin Latham ci racconta la sua storia d’amore con i libri

A interconnettere fra loro i cinque protagonisti del nuovo romanzo La città fra le nuvole, lungo tre archi temporali così lontani così vicini, sono le pagine di un misterioso e incompiuto libro dell’antica Grecia, Nubicuculìa di Antonio Diogene, che narra le peripezie di Ètone, pastore dell’Arcadia che sogna di trasformarsi in uccello per raggiungere un’utopica città in cielo ma si tramuta in asino. Ecco i protagonisti.

Anthony Doerr lega cinque protagonisti e un libro oltre il tempo

Nel 1453 Anna ha dodici anni, vive in una casa di ricamatrici dentro le mura di Costantinopoli assediata dell’esercito ottomano e di nascosto legge alla sorella malata un antico libro trovato: «Una città fra le nuvole. Un asino sulla riva del mare. Un racconto che contiene tutto il mondo. E i misteri al di là». Fuori dalle mura di Costantinopoli, arruolato nell’esercito del sultano partito da Edirne per conquistare “la Regina delle Città”, c’è il giovane Omeir. Ha dovuto lasciare il villaggio di taglialegna dov’è cresciuto con la mamma e il nonno adorati per rispondere alla chiamata alle armi.

Per strada Anna sente le chiacchiere della gente:

«Il sultano, dice qualcuno, è già in marcia da Edirne con un esercito di ventimila uomini. Altri dicono che i soldati, invece, sono quasi centomila. Quanti difensori può radunare la città morente? Ottomila? Altri predicono che il numero vero sta più sui quattromila, e solo trecento di loro sanno usare davvero la balestra. Dodici chilometri di mura marittime, sei di mura terrestri, centonovantadue bertesche in totale, e pensano di difenderle tutte con quattromila uomini?»

Un momento prima Anna sente dire che «il giovane sultano è un prodigio che parla sette lingue e declama poemi antichi, che è un volenteroso studente di astronomia e geometria, un monarca mite e clemente che tollera tutte le fedi. Il momento dopo è un demonio assetato di sangue che ha ordinato di affogare il fratellino nel bagnetto, e poi ha decapitato l’uomo inviato ad affogarlo».

Secoli dopo, il 20 febbraio del 2020, in una biblioteca dell’Idaho, l’ottantenne Zeno, reduce della guerra in Corea, sta allestendo con cinque bambini della scuola elementare del quartiere uno spettacolo teatrale tratto dal mito di Ètone. Da piccolo, ogni giorno dopo la scuola Zeno si fermava in biblioteca, «e le bibliotecarie – che si chiamano tutt’e due signorina Cunningham – gli leggono il resto dell’Odissea, e poi Il vello d’oro e gli eroi prima di Achille, facendogli fare il giro di Ogigia e di Erizia, dell’Esperia e dell’Iperborea, luoghi che le sorelle definiscono terre mitiche, che significa che non sono posti veri, che Zeno può andarci solo con la fantasia, benché altre volte le signorine affermino che le antiche leggende possono essere più vere del vero, quindi forse alla fine sono posti veri?»

Mentre i bambini fanno le prove per la recita, fissata per l’indomani, nei corridoi della biblioteca Seymor, 17enne che parla coi gufi, sta per compiere un gesto irreparabile. «Che razza di casino ha fatto. È disposto a morire per questo? Per dare voce alle innumerevoli creature che l’uomo ha spazzato via dalla terra? Per prendere le parti di chi non ha voce? Non è questo che fanno gli eroi? Gli eroi combattono per coloro che non possono difendersi da soli».

Più in là ancora nel tempo e nello spazio interstellare, diretti verso un pianeta extrasolare dove vivere dopo la distruzione della Terra, 86 umani viaggiano sull’astronave Argos guidata da Sybil, intelligenza artificiale. Tra loro c’è la giovanissima Konstance, che cerca di sbrogliare un rompicapo nascosto tra le righe di oltre cento ritagli di carta segnati da strane parole: Costantinopoli, 20 febbraio 2020, Ètone…

La signora Flowers, capo bibliotecaria di Argos, apre le porte della biblioteca a Konstance quale rito d’iniziazione nel giorno del suo decimo compleanno: «Ognuno di questi libri, piccola mia, è una porta, un passaggio verso un altro luogo e tempo. Hai tutta la vita davanti, e per tutta la sua durata puoi approfittarne. A me pare che basti, no?»

Come Marie-Laure e Werner in Tutta la luce che non vediamo, anche Anna, Omeir, Seymour, Zeno e Konstance sono sognatori e combattenti, inseguono utopie e città dalle torri d’oro «accatastate sulle nubi» e ponti fra le stelle, affrontano rischi e nemici alla ricerca di un futuro migliore, della luce dell’umanità, della speranza. L’antico libro greco fornirà a ognuno di loro, in ogni tempo, conforto e mistero, dubbi e curiosità, pensiero e azione.

«Straniero, chiunque tu sia, aprimi per apprendere ciò che ti sbalordirà», recita l’epigrafe sul cofanetto dell’antico libro.

La città fra le nuvole vuole essere «un peana ai libri, sorge sulla fondamenta di molti altri libri», scrive lo stesso Doerr nella nota a chiusura di volume. Ma questo romanzo è in debito anche con un altro, vecchio di oltre diciotto secoli «e che non esiste più: Le meraviglie di là da Tule (Τὰ ὑπὲρ Θούλην ἄπιστα) di Antonio Diogene. Di quel testo ci sono giunti solo pochi frammenti su papiro, ma un sommario vergato nel Nono secolo dal patriarca bizantino Fozio lascia intendere che si trattasse di una grande saga avventurosa, divisa in ventiquattro libri e piena di sottotrame concatenate, che a quanto pare attingeva a fonti colte e fantasiose insieme, mescolava i generi allora esistenti, si divertiva con il concetto di finzione e potrebbe aver narrato il primo viaggio letterario nello spazio». Secondo Fozio, conclude Anthony Doerr, «Diogene affermava nell’introduzione che Le meraviglie fosse in realtà la copia di una copia di un testo scoperto secoli prima da un soldato dell’esercito di Alessandro Magno. Esplorando le catacombe sotto la città di Tiro, sosteneva Diogene, il milite si era imbattuto in un cofanetto di cipresso. Incisa sul coperchio c’era l’esortazione Straniero, chiunque tu sia, aprimi per apprendere ciò che ti sbalordirà, e aprendo il cofanetto il soldato vi trovò, incisa su ventiquattro tavolette di legno, la storia di un viaggio intorno al mondo».