Saghe Mentali dieci anni dopo

Scritto da:
Redazione BookToBook
24 Set 2018

A dieci anni dall’uscita di Saghe Mentali torna in libreria il grande classico introvabile di Caparezza in cui oggi scoprirete (a vostro rischio e pericolo) le sue spaventose profezie alla Nostradamus.

Ma com’è il nuovo Saghe Mentali?

La parola all’autore.

saghe mentali cover

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Saghe mentali – Premonizioni che si sono avverate

Il testo che segue è stato scritto dall’autore


Nel 2008 immaginai un partito nato dal web che avrebbe vinto le elezioni (hahaha). L’anno seguente quel partito venne fondato sul serio e, nel momento in cui scrivo, sta governandomi.

All’epoca blateravo di un futuro distopico in cui la Puglia diventava sede di uno spazioporto per viaggi turistici nel cosmo.

Pensavo di averla sparata davvero grossa ma il progetto è stato realmente approvato e Grottaglie, in provincia di Taranto, sarà la nostra Cape Canaveral.

Ilaria, protagonista di quella mia storia delirante, era una teenager sessantottina che, teletrasportata ai giorni nostri, finiva col rinnegare i temi sociali per abbracciare lusso e frivolezze.

Sono passati dieci anni e oggi si può salire impunemente sul palco del Primo Maggio per cantare di lusso e frivolezze, ingioiellati come la regina Elisabetta, col beneplacido della piazza.

A questo punto qualcuno potrebbe attribuirmi doti divinatorie, posso capirlo, ma io mi chiamo Michele Salvemini non Michele De Nostredame, mica scrivo quartine incomprensibili con nomi e date a casaccio, rivelando eventi che non si sono mai realizzati se non nella testa di qualche invasato cospirazionista.

Io ho semplicemente pubblicato un racconto fantasy che il tempo ha trasformato in un romanzo verità à la Truman Capote, se volete saperne di più vi basterà leggere l’ultimo tomo di questo libro, ristampato in occasione delle dieci candeline.

Sì, sono passati dieci anni.

All’epoca ero soltanto un rapper col quarto disco in uscita e una moderata passione per i Monty Python, i calzini colorati e i viaggi nel tempo. L’editoria non era nemmeno nella mia top twenty. Certo, avevo scritto qualche frase di senso compiuto e bastò questo per subire il corteggiamento spietato delle case editrici, convinte che in me scorresse il purpureo sangue degli Alighieri.

Non so voi ma io ho sempre diffidato della categoria dei “cantanti che scrivono libri” pur ritenendola migliore di quella dei “cantanti che distruggono cartoni animati con doppiaggi scandalosi”.

Nonostante lo scetticismo, però, cominciai ad affezionarmi all’idea di darmi un tono in pubblico e decisi di provarci.

Ne valeva la pena perché i libri viaggiano nel tempo, resistono ai secoli, ai cambiamenti climatici, alle guerre mondiali e persino alle recensioni su Amazon. Prendiamo il libro di Kells, per esempio, quel manoscritto dopo milleduecento anni è ancora intatto nella sua teca di Dublino a fare bella mostra di sé, mentre il mio CD di Eminem è diventato una rotella tagliapizza.

“Vada per il libro” pensai “ma quale argomento affronterò?”

Purtroppo della quadruplice radice del principio di ragion sufficiente si era già occupato Schopenhauer, quindi non mi restò che parlare di musica, la mia, non quella di Ciaikovskij. In quei giorni subivo la frustrazione dei testi fraintesi, problema che, per esempio, Ciaikovskij non ha mai avuto. Quale occasione migliore per spiegarli alla comunità una volta per tutte?


Saghe Mentali – Un libro in quattro tomi


Progettai un libro diviso in quattro tomi, dedicati ai miei quattro dischi in circolazione, con quattro impaginazioni diverse, quattro caratteri differenti e decine di foto e illustrazioni.

Un progetto così impegnativo che la Rizzoli mi obbligò a firmare il contratto col sangue, per verificare che fosse quello purpureo degli Alighieri. Mi misi al lavoro e mi fu subito chiaro un concetto: la musica è come un origami, se la spieghi diventa un foglio (sì, è vero, questa frase l’ho detta recentemente in un’intervista radiofonica ma credo di averla covata all’epoca e comunque è mia e la inserisco a mio piacimento in tutte le prefazioni che mi pare).

In pratica non volevo passare per l’artista puntiglioso, che bacchetta gli ascoltatori col piglio da professorino, e allora decisi che nel libro dovevo parlare d’altro (che poi è il mio genere musicale). Presi dunque spunto dai miei dischi per affrontare gli argomenti più disparati: redassi un finto diario segreto, inventai fiabe tragicomiche, composi una personale Divina Commedia con tanto di commento critico (avevo il via libera delle analisi), infine raccontai la famosa storia di cui ho parlato all’inizio, quella per cui fui considerato un pazzo visionario. La stessa per cui oggi sono considerato un lucido cronista.

Non avevo ancora un titolo per il mio libro ma nelle comunicazioni via mail cominciarono inspiegabilmente a chiamarlo Caparezzèide, nome che ho sempre trovato molto volgare.

Optai per Saghe mentali.

Impiegai molte energie per portarlo a termine, continuavo ad aggiungere racconti, idee e riferimenti fino allo sfinimento. I miei collaboratori (Michele Monina, Stefano Ciannamea e Laura Spianelli) erano visibilmente estenuati tanto che, una volta terminato il lavoro, crollarono abbandonandosi a un commosso pianto di gioia.

No, non è andata così. Forse non ci siamo nemmeno salutati.

La verità è che una volta pubblicato il libro, inspiegabilmente, me ne disinteressai. Ero già nel turbinìo dei concerti, assorbito dall’uscita di nuovi dischi da fraintendere. Ero occupato a scrivere la mia Yesterday e persi i contatti con la casa editrice.

Girava voce che fossi morto e che un sosia mi avesse rimpiazzato.

Un sosia disinteressato alla critica sociale e fissato con l’autoanalisi.

Col passare degli anni, tra le classiche domande che di solito mi rivolgono, fece capolino questa: «Capa, non si trova più il tuo libro, perché non lo ristampi?».

Saghe mentali aveva esaurito le copie, lo si poteva comprare solo su e-Bay e costava più del libro di Kells.

Poi, qualche mese fa, durante un firmacopie di Prisoner 709, album in cui il 7 e il 9 sono numeri dominanti, una ragazza mi chiese come mai sulla biografia del libro avessi inserito la data del mio decesso. Le risposi che quella era una biografia surreale e per esagerarla mi ero inventato l’anno della mia dipartita: 2052.

La ragazza mi fece allora notare che nel 2052 avrei avuto 79 anni. Rimasi sbigottito.

Ormai era chiaro che quel libro stava in tutti i modi tentando di attirare la mia attenzione e allora mi convinsi a ristamparlo.

Adesso sapete che avete tra le mani un’opera magica, kafkiana, attuale, profetica. L’unico difetto è che per sapere l’esito della mia ultima premonizione dovrete aspettare la quinta ristampa (almeno spero).

Molfetta, luglio 2018

Michele Salvemini