Cosa leggi mentre scrivi? La parola a Raffaella Romagnolo

Scritto da:
Redazione BookToBook
12 Nov 2018

Raffaella Romagnolo, nata a Casale Monferrato nel 1971, ha pubblicato diversi libri tra cui: L’amante di città (2007), La masnà (2012), Tutta questa vita (2013) e La figlia sbagliata (2015, candidato Premio Strega 2016, Premio Società Lucchese dei Lettori 2016).

A ottobre 2018 è arrivato per Rizzoli Destino, una storia italiana del ‘900.

Ma quali sono i libri che Raffaella Romagnolo ha letto durante la stesura di Destino?

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Le letture che hanno influenzato Raffaella Romagnolo

Il testo che segue è scritto dall’autrice


Qualcuno ha detto che scrivere un romanzo equivale a risolvere un problema complicato. Credo Stephen King, non ne sono sicura. Ad ogni modo trovo che ci sia del vero.

Mentre scrivo, e soprattutto quando sono proprio dentro la storia che sto cercando di raccontare, al punto di sognarmela di notte e svegliarmi con la soluzione all’impasse che, fino al giorno prima, mi pareva insormontabile; quando il Problema Complicato mi stringe alla gola insomma, ogni libro che leggo sembra contenere possibili risposte. La risoluzione di un passaggio, uno scambio di battute, una chiusa brillante, una svolta narrativa: tutto mi parla di ciò che, in quel momento, occupa la mia mente. E tutto mi influenza.

Per questo, mentre scrivo, faccio attenzione a scegliermi le letture. Evito Camilleri e Busi: sono regali che mi faccio a romanzo chiuso. La loro lingua, diversamente ipersespressiva, la loro voce così potente e caratteristica,  s’infila nella mia, e l’effetto è ridicolo o grottesco.

Mi tengo alla larga anche tutto ciò che somiglia all’autofiction, perché voglio uscire da me stessa  e mettermi al servizio della storia. Anche se ho imparato da Calvino che, del self, è impossibile liberarsi.

Cerco piuttosto libri di autori che hanno affrontato difficoltà simili a quelli che il romanzo pone. Per Destino la mia guida è stato Gabriel Garcia Marquez. L’amore ai tempi del colera ha stazionato sul mio tavolo da quando ho concepito l’idea della mia filatrice ribelle a quando ho chiuso l’ultimo giro di bozze. Nel testo ho anche nascosto una citazione, una specie di cameo, e bravo chi lo scova. Un modo per ringraziare un grande maestro nel trattare il Tempo, che era il Problema Complicato, scrivendo Destino: mezzo secolo di storia, due ambientazioni differenti, le campagne piemontesi e la Manhattan degli immigrati italiani, e il tutto retto da un flahback lungo quattrocento pagine.

Ora, nella prima parte de L’amore ai tempi del colera, Marquez prende per mano il lettore  e lo accompagna dentro una manciata di ore, dalla morte di Juvenal Urbino alla dichiarazione d’amore di Florentino Ariza alla vedova. Una manciata di ore, appunto, e in mezzo Garcia Marquez infila tutta la vita dei protagonisti fino a quel momento: pomeriggi a ricamare e lettere d’amore, viaggi avventurosi e noiose incombenze di lavoro, progetti di carriera, promozioni e disperazioni, zii, zie, madri, padri, mariti, cugine, amanti, sesso e castità, speranze, delusioni. E mai, neanche per un momento, il lettore si sente perduto in quel fluttuare di spazi e tempi e personaggi e storie. Mai perde l’orientamento.

Questo desideravo per i miei lettori: che si lasciassero prendere per mano, che non si sentissero spaesati in quella grande, dolorosa ed esaltante baraonda che è stata la nostra storia nel primo Novecento. E per questo ho studiato com’è fatto L’amore ai tempi del colera. Ho cercato di capire e mettere a frutto. Non c’è miglior scuola di scrittura, credo, di un bel romanzo e un po’ di buona volontà.