Questo libro non s’ha da fare: La campana di vetro, di Sylvia Plath

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Redazione BookToBook
25 Lug 2015

A volte lapidarie, altre impietose: sono le lettere di rifiuto ai manoscritti dei capolavori della letteratura mondiale (come Moby Dick, Lolita o L’amante di Lady Chatterley per citarne qualcuno), che non sempre sono stati accolti bene dagli editori. Leggerle con il senno di poi e immaginarsi le reazioni di chi li ha avuti tra le mani lasciandoseli sfuggire può essere un esercizio divertente!

«Miss Play ha dimestichezza con le parole e un occhio attento per le cose inusuali e i dettagli vividi. Ma forse, ora che si è disfatta di questo libro, la prossima volta userà il suo talento più efficacemente. Dubito che a qualcuno mai venga in mente di leggere questo libro, quindi potrebbe avere una seconda possibilità.»

Neppure il nome riuscì ad azzeccare l’editor che prese in consegna il manoscritto La campana di vetro, di Sylvia Plath. Lo stralcio di lettera di rifiuto riportato qui sopra, indirizzato alla signorina “Play” anziché Plath, è contenuto nella seconda lettera inviata dalla casa editrice Alfred A. Knopf alla famosa poetessa. Sylvia Plath, infatti, aveva inviato le bozze del suo unico romanzo all’editore di New York, preferendo uno pseudonimo al suo nome, già noto per aver pubblicato due raccolte di poesia, The Colossus e Poppies in July. L’editor lesse quelle pagine che narravano la vita travagliata di una giovane donna depressa, e non gli piacquero per niente. Scrisse così la prima lettera di rifiuto a Victoria Lucas. In seguito, resosi conto che la scrittrice dietro quello pseudonimo era, in realtà, la Plath, si ammorbidì: nessuno avrebbe mai voluto leggere quel romanzo, ma la loro porta era sempre aperta per una seconda possibilità. Era il 1963 e il romanzo fu pubblicato, sotto pseudonimo, da un altro editore: un mese dopo, Sylvia Plath morì suicida.