3 ragioni per leggere Latte di tigre, di Stefanie De Velasco

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Redazione BookToBook
28 Lug 2015

Latte di tigre, di Stefanie De Velasco, è la storia di Nini e Jameelah, due quattordicenni inseparabili che bevono di nascosto nei bagni della scuola, rubano vestiti nei negozi per puro divertimento e portano calze a rete per provocare i passanti su Ku’Damm. È la storia di un territorio indefinito e di una stazione abbandonata della metropolitana. Qui si trovano persone di tutte le nazionalità, spesso le migliori, a volte le peggiori. È la storia di alcuni ragazzi disincantati che cercano tra droga, sesso e alcol uno stordimento che permetta loro di affrontare la realtà. Una sorta di rivisitazione contemporanea di un famoso libro che ha fatto la storia di una generazione: Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino di Christiane F. Ma naturalmente non è la stessa storia. Ecco tre buone ragioni per leggerlo.

1. Affronta in modo del tutto nuovo e moderno il tema dell’integrazione. Jameelah, come molte altre persone che abitano in quel quartiere dai muri scrostati, è una “tedesca di seconda generazione”, nata e cresciuta in Germania da genitori che parlano ancora la lingua del Paese d’origine e conoscono solo la propria tradizione. Nel caldo torrido di un’estate come tante, la vita di questi ragazzi è resa più difficile da problemi come la necessità di ottenere un visto o un permesso di soggiorno, di evitare inutili arresti o rimpatri.

2. Mette in luce i pregiudizi della società occidentale verso il diverso. E lo fa senza forzature o falsi buonismi, senza ombra di sentimentalismo, anzi, in maniera del tutto concreta e disincantata. Perché vivere insieme a chi è diverso è, di fatto, complicato. L’incontro fra culture diventa scontro laddove, da una parte come dall’altra, non ci si sforza di comprendere con la dovuta umiltà cosa ci distingue veramente gli uni dagli altri. Non è facile, certo. Ma se lo si vuole sul serio forse è possibile. Quanto meno auspicabile.

3. Ha un titolo (e una copertina!) belli e originali. La curiosità: l’origine del titolo è legata a un piatto nazionale della cucina peruviana, il ceviche, che vuol dire “pesce fresco o tenero”. Di base si tratta di pesce crudo e bianco marinato in succo di lime, peperone, cipolla, peperoncino, sale e pepe. Nella ricetta base si preferisce la corvina (pesce persico), ma si può utilizzare qualsiasi pesce e anche crostacei in innumerevoli combinazioni. È al succo di lime che rimane dalla marinatura che viene dato, appunto, il nome di “latte di tigre”: una volta filtrato, i peruviani lo servono da bere in un piccolo bicchiere. Dissetante e gustoso, alcuni lo apprezzano in particolare per il suo potere afrodisiaco.