3 ragioni per leggere L’anonima fine di Radice Quadrata, di Alessandro Mari

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Redazione BookToBook
01 Giu 2015

«Sei una radice quadrata senza il numero dentro.» Questo è l’insulto che Sofia si sente rivolgere da un compagno di classe. Un insulto che tuttavia non capisce, ma decide che da quel giorno Radice Quadrata sarà il soprannome del compagno che l’ha insultata. Sofia ha sedici anni, un blog pungente, è veloce e completamente immersa nel mondo digitale. Un giorno, con l’arrivo di un nuovo supplente, si ritrova vicina di banco di Radice Quadrata: un ragazzo molto diverso da lei, che non ride, pieno di silenzi e immerso nel suo mondo fatto di taccuini chiusi con l’elastico. Finché il nuovo professore affida loro un compito particolare, scrivere una storia di eroi moderni alla maniera di Cuore. Mentre lavorano insieme Sofia decide di scoprire il segreto più profondo di Radice Quadrata. Non sei ancora convinto? Ecco tre buone ragioni per leggerlo.

1. Per immergerti nel mondo dei ragazzi, «per capire chi sono, come parlano, che cosa pensano, i loro rapporti con i genitori, non sempre d’esempio», come spiega Alessandro Mari su IoDonna. Perché, dice, i ragazzi di oggi hanno un modo diverso di percepire la realtà, ragionano e si relazionano in modo diverso, e bisogna che troviamo un modo per capirli davvero.

2. Per trovare un punto di incontro tra due mondi completamente diversi, almeno in superficie: due culture che si scontrano, quella digitale, impalpabile e velocissima, e quella tradizionale, di carta, lenta, profonda. Saranno veramente così inconciliabili?

3. Per scoprire una bellissima storia di amore e di amicizia, che piace ai ragazzi e appassiona i più grandi, un mistero da risolvere quello di Radice Quadrata, di cui non conosciamo mai il vero nome. Un mistero che Sofia, appassionata di serie TV poliziesche, tenterà di risolvere con corse in bici e appostamenti sotto casa, come un vero detective. Ma, sorprendentemente, scoprirà molte più cose su di sé che sul ragazzo senza nome.

«La nostra amicizia era ed è sempre stata di cose da fare insieme. Soprattutto. Però iniziavo a convincermi che esistesse un’altra forma di amicizia. Dell’essere, più che del fare.»

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